Akua Naru è una black woman ed è un’acuta sostenitrice della critica sociale alla discriminazione del ruolo femminile nel mondo afro e lo afferma attraverso il suo flow, che è il centro della sua creazione, tra brividi di jazz/nusoul e la forza fisica dell’african hip hop.

Poetessa e performer originaria di New Haven (Connecticut, USA), ha viaggiato molto e cambiato spesso nazione di residenza, prima a Philadelphia e successivamente in Asia, in Cina ed in Ghana: tutte esperienze di vita che hanno contribuito notevolmente alla sua crescita.

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Il suo viaggio verso lo status di poeta globale è cominciato presto, durante l’apprendistato nella chiesa pentecostale.

Il suo potente lirismo, il talento per la narrazione e la capacità di integrare le tradizioni orali nella sua musica, con eloquenza senza pari, hanno nel giro di pochi anni catturato l’attenzione di studiosi e attivisti in tutto il mondo.

Akua ammette di scrivere

per riempire un vuoto che andava riempito, perché l’accesso alle voci femminili è stato sempre estremamente limitato nel mondo dell’hip hop.

A causa del retaggio della schiavitù e del silenzio in cui l’essere nera e donna ha sempre significato sfruttamento, emarginazione e tutti gli stereotipi dannosi che perdurano fino ad oggi, Akua dichiara con fierezza la sua intenzione di “fornire un corpo di conoscenze” che metta le esperienze delle donne nere al centro esatto della sua indagine poetica.

È la musica ad essere il centro ed allo stesso tempo il veicolo espressivo di questa giovane singer che, con grande carica innovativa e con grande profondità di ricerca, riesce ad attingere alla radici del vero groove plasmando il proprio naturale talento ed elevandolo a necessità sociale.

La voce conscious

Riconosciuta in tutto il mondo come voce ‘conscious’ forte e autorevole, ha tenuto conferenze con Bakari Kitwana, Dr Tricia Rose e il pioniere dei Public Enemy Chuck D.

Oggi vive a Cologna, in Germania, il posto che ha scelto ora per lavorare alla sua musica.

“The Blackest Joy” (in uscita il 27 aprile 2018) è il suo terzo album, e si concentra in particolare sulla maternità e sul patrimonio africano.

“My Mother’s Daughter”, primo estratto, è una canzone a tratti oscura e mistica, altrove radiosa e ricca di speranza; un racconto generoso di femminilità nera, spiritualità dell’Africa occidentale, appartenenza e sorellanza.

Con marcate influenze West African e dove Akua Naru, ancora una volta, fonde i generi lungo la tradizione della musica nera e scivola senza sforzo tra Soul, Jazz e Hip Hop.

Akua Naru al Teatro Miela di Trieste – Foto di Fabrizio Caperchi

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