Dopo un primo accenno durante l’incontro con UNITA di domenica, il Trieste Film Festival si è concentrato ieri mattina, nel consueto “Caffè con”, sulla questione degli squilibri di genere nell’industria del cinema.

I due co-direttori hanno quindi voluto interrogare sul tema alcune rappresentanti del mondo dell’audiovisivo: Angela Prudenzi (Produttrice e membro del comitato di selezione della Mostra del Cinema di Venezia), Silvia Sandrone (Creative Europe Desk Italia – Media) e Alessia Sonaglioni (EWA).

Non un cavalcare alcuni fenomeni attuali e necessari, come il “metoo”, ma uno studiare, dati alla mano, una situazione che sta a cuore e un tema che riguarda da sempre il Festival, che vede una giusta rappresentanza non solo come una battaglia ma come profondo sentire.

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Questo sentire si concretizza nella selezione e inclusione, di anno in anno, di moltissime donne registe nei programmi del festival.

L’impegno dei Festival

Uno degli elementi chiamati in causa durante l’incontro è stato proprio il ruolo che possono giocare i Festival nel combattere queste disuguaglianze.

La visibilità dei film diretti da donne nei  Festival negli ultimi anni è cambiata molto: con il movimento del metoo si è potuto rilevare un cambiamento fondamentale poiché è stato puntato un riflettore sul mondo della discriminazione.

Da quel momento in poi si è parlato molto di più del cinema fatto da donne e il cambiamento, di riflesso, si è potuto constatare anche nella presenza.

Alcuni dati 

Per la Mostra internazionale del cinema di Venezia questo è stato un anno rivoluzionario: 8 dei 18 film in concorso erano diretti da donne e uno di essi ha vinto il Leone d’oro.

Al Sundance Film Festival sui 118 film presenti il 46% è stato diretto da donne, mentre due anni prima la presenza si assestava al 10%.

Occorre evidenziare inoltre che quando una donna arriva a presentare un film a un Festival è un prodotto che fa la differenza.

Il 33% dei film diretti da donne, e presentati ai festival, infatti, si sono aggiudicati premi nazionali o internazionali. Mentre le percentuali restano minori per film diretti da uomini.

Il Torino Film Festival ha puntato invece sul 50-50 a partire dalla direzione, vicedirettrice infatti è Fedra Fateh

Queste decisioni non mancano di influire, in quanto la maggiore presenza di donne riflette la presenza di un maggior numero di donne in posizioni apicali.

Cosa possono fare i Festival?
Cifre alla mano, bisogna dare più spazio non solo per numeri e quote di parità ma per la qualità dei lavori

Politiche europee

Come rilevato, il mondo dell’audiovisivo in Italia e in Europa è ancora caratterizzato da squilibri di genere.

Quali sono i fattori che ostacolano l’accesso e l’affermazione dei talenti femminili nell’audiovisivo?

Andando a indagare nelle politiche europee. Per il nuovo settennio 2021-2027, oltre ai bandi con cui si sostiene l’industria, la parità di genere è una priorità sia del programma media che del programma cultura del Creative Europe Desk ( realtà coordinata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali).

Di altissima priorità è inoltre il raggiungimento dell’equilibrio di genere per tutti i programmi, tanto che il biennio 2019-2021 di Voices of culture ha posto quattro questioni urgenti: la parità nel mercato del lavoro, la lotta contro gli stereotipi e la violenza di genere, nonché la discriminazione.

Studi in merito

Alessia Sonaglioni, per l’EWA (network di donne dell’audiovisivo) ha riportato uno studio sulle presenze delle regista nel panorama che registra, nel quinquennio 2008-13, una percentuale solo del 20% di registe donne.

Per l’osservatorio per l’audiovisivo qualche anno dopo (triennio 2015-2018) tra registe e sceneggiatrici il numero globale è del 22%, percentuale si attesta al 18% se si tratta di registe di fiction.

Numeri che rimangono abbastanza stabili, anche se il periodo preso in esame è più corto.

A livello di contenuti: registe e autrici donne dietro la camera implicano inevitabilmente più storie di donne di fronte alla camera? Gli studi in merito sono pochi, ma si può affermare che le storie rappresentate sono perlopiù universali.

Una riflessione si pone in chiusura: quali donne riescono davvero a fare i film? Oltre alle possibili soluzioni alle disuguaglianze bisogna ragionare sull’industria: perchè funziona così? Le donne presentano le loro istanze ma poi vanno portate avanti tutti insieme.

Cambiare percezione è il punto -Women on the move-

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