Dal 20 Luglio ha invaso i cinema Barbie, il live action con protagonista l’iconica bambola della Mattel. Diretto da Greta Gerwig e scritto insieme al suo compagno Noah Baumbach, Barbie è una commedia camp e ironica che riflette su temi e stereotipi legati alla rappresentazione di genere, il tutto in modo estremamente divertente e soprattutto rosa!

Nei panni della bambola più famosa del mondo troviamo Margot Robbie, e al suo fianco non poteva mancare Ken, interpretato da un biondissimo Ryan Gosling.

Trama

Barbie vive a Barbieland, un mondo di fantasia separato dal mondo reale. Qui ogni sua giornata è perfetta, proprio come lei. A Barbieland le donne detengono il potere in una specie di matriarcato dove tutto per loro è possibile. A meno che tu non sia un Ken, questa sembrerebbe la vita perfetta. Le cose però iniziano ad andare storte quando la perfezione abbandona Barbie, che a causa della comparsa della cellulite e di allarmanti pensieri di morte, si troverà costretta ad intraprendere un viaggio nel mondo reale per trovare la causa dei suoi problemi e, alla fine, trovare sé stessa.

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Un po’ di numeri

Dal punto di vista degli incassi Barbie ha già raggiunto un record in positivo. Il budget di partenza del film è stato di 100 milioni di dollari, e solo nel primo fine settimana di programmazione si è posizionato al primo posto del botteghino statunitense incassando 155 milioni di dollari. Grazie a questi numeri il film ha segnato il miglior debutto del 2023, caratterizzandosi come il vero e proprio fenomeno di questa stagione cinematografica. Ma le conquiste di Barbie in termini di numeri non si fermano qui, in quanto si posiziona anche come il film diretto da una donna ad aver incassato di più nel primo giorno di programmazione. Raramente, o forse mai, un film diretto da una donna, con protagonista una donna e che parla di ruoli di genere e femminismo, era riuscito a conquistare numeri del genere.

Il fenomeno Barbienheimer

Il grande successo al botteghino di Barbie è sicuramente dovuto in parte alla massiccia campagna di marketing che è stata messa in atto per pubblicizzare il film. Tra interviste, trailer criptici che non lasciavano presagire la reale trama del film, e gli outfit di Margot Robbie che riproducevano abiti storici indossati dalla bambola Barbie, la curiosità intorno a questo film era alle stelle. La stessa protagonista femminile, che nel film riveste anche il ruolo di produttrice, ha confermato che l’obiettivo era stravolgere le aspettative e creare qualcosa che lasciasse tutti a bocca aperta.

Ma la campagna pubblicitaria ufficiale non è stata l’unica fonte della curiosità e dell’aspettativa verso Barbie: i social hanno avuto un ruolo essenziale nella promozione del film, contribuendo ad un passa parola senza precedenti. Le proiezioni di Barbie si sono trasformate in una vera e propria occasione di condivisione social, in cui non è strano vedere gli spettatori in sala sfoggiare vestiti rosa.

A contribuire indiscutibilmente alla fama del film è stato però il fenomeno social del “Barbienheimer”. L’uscita del film Barbie nelle sale cinematografiche degli Stati Uniti il 21 Luglio, ha coinciso con l’uscita di un altro film molto atteso, Oppenheimer, il nuovo film di Christopher Nolan con Cillian Murphy, che racconta dell’invenzione della bomba atomica. L’uscita in contemporanea di due film tanto attesi dal pubblico ed allo stesso tempo tanto diversi per tono e tematiche, ha portato alla creazione del fenomeno Barbienheimer, fatto di meme, discussioni social e condivisioni riguardanti i due film. Molte persone negli Stati Uniti in funzione del Barbienheimer hanno deciso di andare a vedere entrambi i film lo stesso giorno, entrando al cinema per vedere Barbie sorridenti e vestiti di rosa, e addirittura cambiandosi con abiti più scuri per proseguire con la visione di Oppenheimer. La “concorrenza” nata tra i due film rappresenta un evento quasi unico che ha fatto si che i cinema si riempissero come raramente accade.

“Puoi passare tutto il giorno al cinema, che c’è di meglio?”, ha detto Cillian Murphy, protagonista di Oppenheimer, che ha anche dichiarato che andrà sicuramente a vedere Barbie.

In Italia invece è andata diversamente: Barbie è uscito il 20 luglio, ma la proiezione di Ophneaimer è slittata e approderà nelle nostre sale solo il 23 agosto. Forse proprio per evitare di accavallare due film tanto attesi.

L’aspetto sensazionale di questo fenomeno è che mai prima d’ora si era vista una promozione social fatta dai fan, spontanea e gratuita, di una tale portata. Una partecipazione tanto sentita del pubblico non può che far bene al cinema in un momento di particolare difficoltà dovuto allo sciopero degli sceneggiatori e degli attori ad Hollywood.

Barbie si posiziona quindi da subito, a prescindere dal contenuto del film, come un grande successo, al quale contribuisce il già iconico brano Dance the Night di Dua Lipa che probabilmente otterrà una candidatura agli Oscar.

D’altronde, cosa ci si poteva aspettare da un film che si dice abbia quasi completamente esaurito le scorte mondiali di vernice rosa!

Il film e le Barbie

La Barbie della Mattel non è solo un giocattolo, ma qualcosa di più, un’icona che ha segnato la quotidianità di milioni di bambine e bambini in tutto il mondo. L’iconica bambola nasce nel 1959 da un idea Ruth Handler, moglie di Elliot Handler, cofondatore della Mattel. Ruth, presidente dell’azienda, propone l’idea dopo aver osservato la figlia Barbara giocare con le bambole. Un’intuizione di enorme successo che porterà Barbie a essere uno dei giocattoli più venduti in tutto il mondo. Il personaggio della creatrice di Barbie è presente anche nel film, e riveste un ruolo molto particolare.

L’importanza rivoluzionaria delle bambole Barbie è resa evidente sin dal prologo del film, che altro non è che una grande citazione alla scena iniziale di 2001 Odissea nello spazio. Con la stessa iconica scelta musicale di Also sprach Zarathustra di Richard Strauss, il film si apre con delle bambine che da sempre hanno come unico giocattolo un bambolotto, che le costringe a giocare al ruolo di madri ancora e ancora. Questo fino l’arrivo di Barbie, un giocattolo dalle fattezze adulte che permette alle bambine di spaziare con la fantasia e immaginarsi in ruoli infinitamente diversi. Assistiamo alla crescita e all’acquisizione di potere delle bambine grazie a Barbie.

Ma un film che ha come protagonista una Barbie, è un film che si pone un obbiettivo complesso e non scontato. Infatti, se l’iconicità di Barbie è indiscussa, ad essere messo in discussione è il suo valore femminista. La bambola Barbie è infatti caratterizzata da una complessa dicotomia, da strumento di emancipazione femminile, sottoposta ad una nuova analisi, si trasforma in strumento di sessismo e oppressione. Il film riesce brillantemente a sfruttare il paradosso intrinseco del ruolo di Barbie, simbolo femminista che dice alle bambine che possono essere tutto ciò che vogliono, ma che allo stesso tempo setta degli standard fisici irraggiungibili e stereotipati.

Greta Gerwig sceglie quindi di usare l’arma dell’ironia, creando una commedia fresca e esilarante che non evita di muovere critiche sia alle Barbie giocattolo sia alla stessa azienda produttrice. La Mattel (finanziatrice del film) viene rappresentata come un luogo grigio e noioso dove le decisioni importanti spettano solo agli uomini. Sarà infatti proprio la nostra protagonista a stupirsi della totale assenza delle donne ai vertici creativi dell’azienda che ha dato vita ad un prodotto come le Barbie. La Gerwig non ci va leggera al punto che in un dialogo del film Barbie viene definita esplicitamente fascista.

Il film al contrario di quello che ci si potrebbe aspettare è fortemente critico ed autoironico. Emblematica è la scena nella quale la protagonista si sta lamentando, come nel migliore degli stereotipi, di non essere abbastanza bella: a questo punto viene rotta la quarta parete ed un voice-over sottolinea: “forse Margot Robbie non è la persona più adatta per far passare questo messaggio!” ironizzando sull’indiscutibile bellezza dell’attrice protagonista e strappando un sorriso a tutte le persone in sala.

Barbie è a tutti gli effetti un blockbuster postmoderno, che gioca a ribaltare e ironizzare gli stereotipi di genere e che si presta a numerose letture più profonde. Il film tratta molti temi complessi, dal femminismo al patriarcato, dai ruoli di genere alla parità. E lo fa attraverso un linguaggio divertente ed una storia che sfiora i limiti del paradossale. Tutto ciò che succede alla Barbie-stereotipo protagonista, a partire dallo strampalato viaggio che deve affrontare per entrare nel mondo reale, è estremamente camp e bizzarro. D’altronde il camp è per definizione un’estetica fatta di esagerazione ed esasperazione. Ed è proprio attraverso l’eccesso e l’estrosità che la regista sceglie di veicolare il suo messaggio: sottolineare l’unicità di ciascuno di noi, a prescindere da stupide etichette e rigide ripartizioni.

Il film Barbie, attraverso un’estetica rosa e pulp che è un piacere per gli occhi, diventa subito un cult per chi è alla ricerca di un film ironico e genuinamente divertente, ma regala anche momenti di profonda emozione e riflessione a chi è disposto ad andare oltre la superficie. Barbie è un film che gioca sulla contraddizione ed il paradosso; usa come protagonista un giocattolo ed allo stesso tempo critica i meccanismi capitalistici e consumisti, senza mai sbilanciarsi a dare una risoluzione definitiva.

Senza mai negare di essere un prodotto commerciale che mira al profitto, Barbie diventa il manifesto di una società contemporanea corrotta e disfunzionale. Restituisce senza peli sulla lingua una critica femminista e cinica al mondo in cui viviamo. Il messaggio è perfettamente veicolato dalla protagonista Barbie-stereotipo, che non poteva che essere interpretata da Margot Robbie. L’attrice risulta perfetta per il ruolo, riesce a fondersi con il personaggio che interpreta con trasporto e determinazione senza mai sfociare nel ridicolo. Le stesse lodi si possono tessere per il personaggio di Ken interpretato da Ryan Gosling.

Un mondo (non) di Ken

La figura di Ken, oltre ad essere quella a cui sono affidate le battute migliori, nasce nel film per incarnare superficialmente il classico modello della mascolinità tossica. Anche lui però come Barbie compirà un viaggio di formazione che lo porterà a conoscere sé stesso al di là del genere a cui appartiene, e soprattutto come soggetto indipendente da Barbie. Tutto ciò avviene attraverso esilaranti scene in stile musical in cui non si può dire che Ryan Gosling non abbia messo tutto sé stesso. A testimonianza di questo suo cambiamento interiore, Ken a fine film indossa una felpa con la frase “I am Kenought” che è già diventata un tormentone.

Il patriarcato, di cui i Ken si fanno portavoce, è il vero “cattivo” del film. Un sistema disfunzionale e corrotto che al di fuori di Barbieland infesta ogni aspetto della nostra società. Per tutta la sua durata il film sembrerebbe suggerire l’unica ovvia soluzione, ossia quella di contrapporre alla supremazia degli uomini, una società fondata sul rispetto reciproco e l’emancipazione di entrambi i generi. Se questa sembrerebbe essere la risoluzione ideale non è però ciò che avviene concretamente nel film. In un finale molto più cinico e nichilista di quello che ci si aspetterebbe, le Barbie decidono definitivamente di vincere la sottomissione del patriarcato attraverso un matriarcato. Attraverso quindi un sistema che vede le donne egemoni e gli uomini sottomessi, un ribaltamento del nostro mondo reale che continua a non essere né giusto e né ideale. Se l’ambizione è quella di un mondo in cui liberarsi da modelli sociali imposti e rigidi, la realtà risulta essere molto più complessa di così. Potrebbe apparire un po’ sconfortante che anche a Barbieland, mondo dell’immaginazione, non si riesca a trovare un sistema dove non ci siano sbilanciamenti di potete.

Il messaggio finale del film però cerca di essere più ottimista: siamo persone, ciascuno di noi, e il nostro valore non può essere definito dal genere o da quello che pensa la società. E così attraverso una presa di coscienza che riguarda entrambi i protagonisti in modo diverso, Barbie riassume questo concetto dicendo che forse deve smettere di esserci “Barbie e Ken”, ma può esserci Barbie, e può esserci Ken.

Barbie: perché vale la pena di vederlo?

Barbie è un’opera dall’estetica estremamente curata e pensata per piacere al vasto pubblico, ma è sicuramente pensata per un pubblico adulto. I temi trattati, per quanto a volte in maniera forse eccessivamente didascalica, si rivolgono agli adulti che compongono la nostra società. Dietro ad una facciata camp e sfavillante, fatta di comicità e ironia, Barbie è un prodotto che parla di depressione, capitalismo, femminismo, ruoli di genere e molto altro. Barbie vuole dirci di essere noi stessi e cominciare a cambiare il mondo, cominciare subito, perché la strada da fare è tanta ed il risultato è incerto.

Un film non privo di difetti, ma che per una serie di motivi vincenti, tra cui il registro scelto per raccontare la storia e la sua estetica, sta già scrivendo la storia del cinema.

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