Come dobbiamo immaginarlo un Hitler sopravvissuto alla guerra, con sulle spalle le fatiche dell’invecchiamento e del conflitto?

È da questa domanda che prende il via Berlino Kaputt Mundi il testo di Simone Consorti. Lo spettacolo diretto da Francesca Frascà vede in scena Manuela Di Salvia, Pierluigi Freddi, Raffaele Risoli, Giuseppe Talarico al Teatro Agorà dal 6 all’11 marzo.

Simone Consorti, più che come un sopravvissuto, lo vede come un sopravvivente, alla prese con problemi quotidiani più o meno pratici.

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Ce lo spiega in questa intervista

Berlino Kaputt Mundi, di cosa parla il testo?

Berlino Kaputt Mundi. L'intervista a Simone ConsortiTutti i grandi personaggi della storia si presentano due volte, scriveva Marx: la prima come tragedia, la seconda come farsa. Hitler, sopravvissuto al conflitto, incerto nella memoria e nel fisico, riceve una serie di visite da ammiratori, scrocconi, nostalgici, fino a che non lo passa a trovare qualcuno che non è riuscito a dimenticare tutto il male.

Da questo incontro-scontro Hitler uscirà ancora più indifeso e debole. La guida che fu (considerata) infallibile è ora assolutamente manipolabile. Almeno in apparenza.

Come è nata l’idea di scrivere un testo che riporta Hitler in vita?

Stavo scrivendo un racconto breve sull’ultima notte nel bunker e sul suo matrimonio un po’ gotico, dove l’io narrante femminile era “Eva Hitler”. Mi piaceva l’idea di raccontare la storia da un punto di vista diverso e con un taglio minimalista.

Mentre lo terminavo, quasi per gioco, visto che stavo rileggendo “Il re muore”, ho iniziato, a un altro tavolo, a scrivere di Hitler sul modello di Ionesco. Il dittatore in disarmo, in disuso, in deshabillé.

Lavorando, immaginavo anche “L’autunno del patriarca” di Garcia Marquez, attratto però non dal lato decadente, bensì da quello surreale e paradossale della faccenda.

Non è il suo primo racconto. Gli altri suoi testi hanno fatto riferimento a momenti storici che hanno caratterizzato la nostra storia?

Direi quasi mai i testi in prosa, visto che i miei romanzi sono ambientati nel presente e sono per lo più autobiografici.

Diverso è il discorso delle poesie. Ho scritto su Robespierre (Oggi ho perduto tre teste/e due rivoluzioni/Le ho viste cadere nelle ceste/e cantare strane canzoni…”), su Chernobyl, Tienanmen, eccetera.

Una poesia a cui tengo particolarmente è “Come si scrive Auschwitz”. Sono un insegnante e dopo le lezioni sulle Leggi di Norimberga, sulla soluzione finale, sui campi di concentramento, magari corredate da filmati anche pesanti, i ragazzi non mi fanno quasi mai domande esistenziali (Perché l’odio? Perché il male? Perché Dio l’ha permesso eccetera) ma sempre la solita asettica domanda ortografica: come si scrive Auschwitz?

C’è un testo che preferisce… e perché?

Tra i miei romanzi, prediligo “Sterile come il tuo amore”, dove racconto con tono ironico un tema molto scivoloso, come la sterilità di coppia, dando la parola a entrambi i partner in un serrato botta e risposta.

La regia di Francesca Frascà ha rispettato il racconto o per esigenze sceniche ci sono stati cambiamenti?

Cambiamenti nel testo non moltissimi. Alcuni personaggi che erano soprattutto funzioni teatrali sono stati caratterizzati, laddove inizialmente li immaginavo come neutri, robotici, automatici.

Ritengo che quando si dà un testo teatrale a un regista si debba essere anche un po’ fatalisti; in fondo funziona come quando si dà alle stampe un libro: il bello è vedere come viene interpretato dalle persone sensibili.

Quale sarebbe stato il corso della storia se l’8 ottobre del 1908 Adolf Hitler fosse stato ammesso all’Accademia di Belle Arti?
“La parte dell’altro” di Eric Emmanuel Schmitt in breve segue le vite parallele dell’Hitler vero e di un Hitler fittizio e “buono”. Ha letto questo testo? Si è ispirato a questa storia per scrivere Berlino Kaputt Mundi.

Amo Schmitt, anche quando, coi suoi reboot, riscrive storie archetipiche; mi sono goduto “Il vangelo secondo Pilato” e “Ulisse a Bagdad”, ma confesso di non aver letto “La parte dell’altro”.

C’è una poesia della Szymborska, intitolata “La prima fotografia di Hitler” che parla del suo insegnante di storia che sbadiglia sui quaderni.Cosa sarebbe successo se Hitler avesse avuto genitori più presenti, insegnanti più attenti?

La mia convinzione è che, in assenza di Hitler, sarebbe giunta al potere una figura analoga, magari senza baffi o meno antisemita o più somigliante a Salazar o Franco o Stalin o Mussolini.

Come dice il mio Hitler, in una battuta del testo: “Uno ha delle idee, ma poi ci vogliono gli altri per metterle in pratica, altrimenti chissà cosa potrebbe partorire una mente malata!”. Ecco, in quegli anni, “gli altri” erano tanti.

Ha altri testi nel cassetto?

Ho quasi terminato un testo teatrale su un soldato americano da poco sposato con una ragazza bellissima, che, dopo aver pestato una mina, torna dalla missione in Iraq col viso deturpato…

A fine marzo, invece, uscirà per l’Erudita il mio libro di racconti brevi “Otello ti presento Ofelia (e altre storie di disamore)”.

Il mio romanzo “La pioggia a Cracovia” è in cerca di un editore. Siccome lo vorrei pubblicare soprattutto per la dedica e dato che non so se e quando effettivamente lo pubblicherò, la dedica la scrivo qui:

A Luigi che mi ha fatto da specchio/ e a Daniela che ha pestato la pozzanghera/in cui mi stavo riflettendo

Ci sono stati altri suoi testi rappresentati a teatro

L’adattamento del mio romanzo “Sterile come il tuo amore” è andato due volte a un pelo dall’ essere rappresentato, ma questo non è mai successo per motivi pratico-economici e per altri esistenziali che definisco “teatro dell’assurdo”.

Per dire, la storia è quella di una coppia sterile che si reca a fare la fecondazione artificiale…insomma, l’attrice protagonista, a metà delle prove, si è tirata fuori perché è rimasta incinta!

Un invito ai nostri lettori. Perché devono venire a vedere questo spettacolo

Nessun imperativo categorico. Non devono. Ci sono tante cose interessanti. Mercoledì non c’è la partita? Martedì ci saranno i dibattiti politici, no? Sabato non so, forse un’altra partita o una serie tv.

Il fatto è che il testo dura ottantacinque minuti circa. In una ventina si potrebbe ridere, in altri dieci, magari, pensare. Anche la recitazione e la mise en scene potrebbero risultare qualcosa di interessante.

E poi vedere Hitler ridotto lo straccio di sé, un fantasma che si aggira per l’Europa, non ha prezzo. Inoltre, io sarei felice di vedere il teatro pieno e fare felici le persone sarebbe già un motivo, oltre che una buona azione.

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