Dal 6 al 10 ottobre al Teatro delle Muse di Roma sarà in scena Il Don Giovanni, una commedia di Cesare Cesarini, liberamente tratta dalle opere di Molière e Da Ponte. Un Don Giovanni ormai in là con gli anni incomincia a ripensare alla propria vita e a tutto il male fatto ma, invece di pentirsi, rivendica il diritto al piacere e al divertimento. La morte sembra un evento che non lo riguardi.
Abbiamo intervistato Cesare Cesarini regista dello spettacolo

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Finalmente di nuovo in scena. Perché proprio con il Don Giovanni?

La figura di Don Giovanni rappresenta un archetipo di grande fascino per il mondo teatrale e letterario, così come è un personaggio di fascino per tutti coloro che lo incontrano. Il mio interesse è partito da Mozart. La lirica rispetto al teatro di prosa ha un’arma favolosa in più: la possibilità di esplorare a molti livelli l’animo umano.

E’ normale in teatro dire una cosa e farne intendere un’altra attraverso il tono di voce, la gestualità, l’uso delle luci e della macchina scenica… nella lirica in più c’è la musica che apre altre porte su altri mondi interiori. Don Giovanni fa dell’inganno, dell’ipocrisia, dell’amoralità il suo modello di vita, si esprime sempre su due livelli almeno: quello dell’uomo affascinante che promette e conquista e quello dell’uomo privo di scrupoli con un unico interesse: il piacere.

Lo spettacolo in scena al Teatro delle Muse è un libero adattamento. In cosa si differenzia dall’originale?

La storia ricalca più o meno le vicende del Don Giovanni di Molière però con interpolazioni dal libretto di Lorenzo da Ponte per l’opera di Mozart. Poi ci sono anche parti del tutto originali. Ne esce un Don Giovanni ormai avanti con gli anni che inizia a riflettere sulla propria vita, sul male fatto ma, non rendendosi conto che ormai la morte (per mezzo della statua del Commendatore) lo sta braccando, non pensa a risarcire chi ha rovinato ma a come passare, continuando a godere, il tempo che gli rimane.

Cosa deve aspettarsi il pubblico da questo adattamento?

Lo spettacolo è pensato come una sorta di meccanismo che si autoalimenta. Dai personaggi è bandito l’approfondimento psicologico, sono delle marionette che la volontà superiore di qualcuno (il regista/fato) fa muovere. C’è vita sul palcoscenico perché c’è movimento e il movimento è generato da “passioni” particolari, quali l’interesse economico,  l’onore e l’attrazione fisica. Il tutto in chiave brillante. Alcuni momenti ci riportano al cinema muto e alla commedia dell’arte.

“Un gioco teatrale costruito come un ingranaggio comico ad orologeria” come ha reso possibile ciò?

Si tratta più propriamente di un gioco teatrale che di una commedia. La compagnia si è costituita su questo progetto e ci siamo detti “Giochiamo“, tiriamo fuori da noi la nostra parte attoriale più pura, obbediamo al regista… l’attore così smette di pensare (si fa per dire), il sentimento esiste solo se c’è un’azione che lo rende palese… ne nasce una sorta di meccanicità organica. Ad un certo punto lo spettacolo diventa sì un organismo vivente ma una biologia meccanica… si fa prima a vederlo che a spiegarlo…l’intento finale è comunque quello di divertire.

“Un mondo popolato dalla disumanità. Sembra non esserci speranza, solo arrivismo e solitudine” Sembra scritta nei giorni nostri non crede?

Certamente c’è molto di attuale, il Don Giovanni non per niente ha avuto nel corso dei secoli oltre mille rivisitazioni tra letteratura, teatro, cinema e saggistica!

Un invito ai nostri lettori.

Abbiamo cercato di mettere in scena un tipo di teatro che richiama tanto di antico e calarlo nell’oggi, il lavoro è stato duro perché ormai non c’è più l’abitudine a questo tipo di lavoro da parte degli attori. Noi ci siamo però divertiti e anche il pubblico, lo spettacolo ha già debuttato in provincia, ha gradito ed apprezzato. Venite a vedere qualcosa di nuovo e divertente!

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