Una colata di cemento potrebbe seppellire sogni, creatività e immaginazione.
Potrebbe essere la scena ultima di un film ma non lo è.
Cinecittà, potrebbe scomparire. Certo, la situazione non è chiara: c’è chi parla di smantellamento totale, chi di ristrutturazione, qualcuno ancora dice che al posto di quello che è il monumento del cinema italiano sorgerà una sorta di parco divertimenti. Una cosa è certa, l’azione di smantellamento della forza lavoro all’interno degli Studios di via Tuscolana, è iniziata: molte maestranze sono state licenziate, altre aspettano di essere ricollocate, non si sa dove e quando.
Già nel 2010 si erano già diffusi i primi segnali sul rischio di destinare Cinecittà a sede di intrattenimento e città del benessere attraverso la costruzione di alberghi e beauty farm.
Gli echi, divenuti attualmente sempre più acuti e insistenti, hanno costretto alla mobilitazione i dipendenti delle due società, Studios e Digital Factory,che non intendono placare le proteste mantenendo ben salde le proprie ragioni.
Lo sciopero iniziale e l’occupazione degli stabili contro il piano di dismissione industriale, presentato dall’imprenditore Luigi Abete, sono una richiesta di intervento rivolta al Ministero dei beni culturali possessore del 20% delle azioni di Cinecittà Studios, e al Ministero dell’Economia proprietario al 100% dei terreni e teatri.
La finalità del progetto comporterebbe, come riferisce Alberto Manzini, segretario generale SLC CGIL di Roma e Lazio, l’allontanamento di quasi tutte le maestranze , la cessione dei tanti professionisti,alcuni dei quali di fama internazionale e il deperimento dell’industria cinematografica italiana.
In ultimo, gli autori italiani hanno fatto appello al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al premier Mario Monti affinché sostengano Cinecittà e Istituto Luce con il tentativo di impedire la pianificazione edilizia dell’area. Tra i nomi dei primi firmatari: Gianni Amelio, Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci, Costantinos Costa Gavras, Ugo Gregoretti, Ken Loach, Citto Maselli, Franco Nero, Vanessa Redgrave, Pasquale Scimeca, Ettore Scola, Bertrand Tavernier, Giuseppe Tornatore; quali, portavoce del pensiero unanime sul valore culturale e identitario che ha contraddistinto e accresciuto nel tempo l’immagine di una Nazione attraverso l’industria cinematografica di Cinecittà. E in nome e nel rispetto dei vari De Sica, Fellini, Rossellini, Visconti, Mastroianni, Magnani, Sordi, e tanti altri tra sceneggiatori, attori e registi, simboli unici e ineguagliabili del cinema, che all’interno si sono affermati e che l’hanno resa celebre.
La Storia – La storia degli Studios, perché di questo si tratta, ha inizio nel 1937, periodo in cui le produzioni risentono delle restrizioni e dell’ideologie del momento. I primi ad essere realizzati sono i lungometraggi e la partecipazione di Vittorio De Sica nella commedia “Il Signor Max” di Mario Camerini ne sancirà la fama di attore.
E’ a Luigi Freddi capo della Direzione Generale per la Cinematografia dell’epoca che va attribuita la paternità dell’idea nel voler costruire la grande città del cinema, che troverà luogo nel quartiere Tuscolano a seguito di un misterioso incendio che nel 1936 distrusse gli studi della casa di produzione Cines di via Veio a San Giovanni.
Da un progetto dell’ingegnere Carlo Roncoroni e dell’architetto Gino Peressutti nasce Cinecittà. Estesa su 600.000 mq con 73 edifici e 16 teatri di posa, già nel ’43 vengono realizzati circa trecento film.
E’ la guerra ad arrestare le produzioni e a non rimanere fuori dai cancelli. Gli stabilimenti vengono prima occupati dai tedeschi come luogo di concentramento di civili, poi, adibiti a ricovero degli sfollati. Superata la fase e le ripercussioni del periodo bellico, le attività riprendono con lentezza e solo nel 1947, tre anni dopo la liberazione di Roma, viene girato il primo film del dopoguerra: Cuore di Duilio Coletti.
La rinascita di Cinecittà è evidente, e prossimo sarà l’arrivo del mito e dei grandi nomi in tutto il mondo. L’accento americano varca le porte degli studios ospitando set imponenti come quelli di Quo vadis? nel 1949 diretto da Mervyn LeRoy e di Ben Hur 1951, diretto da William Wyler, e di altri kolossal affermandosi così, la Hollywood sul Tevere.
E’ l’epoca della “DolceVita” e la città si popola di star italiane e internazionali. Il film, simbolo degli anni ‘60, con la regia di Fellini, fotografa e rappresenta l’evoluzione verso la società moderna; un risveglio sociale e culturale ancorato al passato e restio al cambiamento; si imiteranno comportamenti e vizi, sarà la società del divismo e dei “paparazzi”. L’estro, l’intuito e la genialità dei grandi registi lasceranno il segno.
Con l’arrivo delle tecnologie nel ’70 e del Digital, sistemi di ultima generazione, Cinecittà non ha nulla da invidiare alle produzioni oltreoceano divenendo particolarmente competitiva con quattro centri produttivi, tre in Italia e uno in Marocco.
A seguito della privatizzazione e della gestione passata a Cinecittà Studios SpA nel 1997, negli ultimi anni, i teatri hanno ospitato alcuni set importanti come : Gangs of New York di Martin Scorsese, Le avventure acquatiche di Steve Zissou di Wes Anderson e La passione di Cristo di Mel Gibson.
Un’importante industria cinematografica a cui è affidata la realizzazione di film, fiction, programmi tv, spot pubblicitari; un complesso formato da edifici e strutture, dislocato su 40 ettari con 22 teatri di posa ciascun dei quali comprensivo di locali e strutture autonome.
Non mancano poi laboratori di sviluppo, di stampa e restauro della pellicola cinematografica, laboratori di post produzione digitale e audio, laboratori per l’allestimento delle strutture sceniche; dalla falegnameria alla carpenteria ed ancora laboratori di scultura e pittura artistica. Entrare a Cinecittà è rivivere la storia, è disincanto e meraviglia, è rimanere storditi e perdersi con la fantasia, è abbandonarsi alle emozioni. Se tutto ciò, si tramutasse con il buio dei riflettori, l’immobilità delle pellicole, e la sordità del suono, determinerebbe: la fine dell’arte, della storia e dell’identità di un Paese, se non un imperdonabile sgarbo nei confronti di quegli “artigiani” e artisti che si sono distinti nel tempo con dedizione e mestiere, abili nel trasformare le fantasie in spettacolari realtà.
Abbiamo deciso di raccontarvi quello che sta accadendo agli studios romani attraverso la voce dei protagonisti: dei tecnici, degli attori, dei doppiatori, di chi a Cinecittà ci è cresciuto e di chi ci è arrivato da poco.
Le voci di Cinecittà:
I lavoratori dietro le macchine da presa
Gli attori e i doppiatori