È una commedia tutta al femminile quella che andrà in scena al Teatro Elettra dal 28 febbraio al 4 marzo 2018.

Femminile è la trama, come le protagoniste, Carla Cardarelli ed Elena Capparelli alle prese con le loro vite così diverse che si affacciano l’una sull’altra. Antonietta Corrado ha curato i dettagli dei costumi delle attrici nei cinque giorni della storia. La regia è della giovane Aurora Piaggesi.

Abbiamo intervistato l’autore Stefano Terrabuoni

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Romano, studi urbanistici e di medicina cinese approda all’informatica per caso e affronta il lavoro in modo inusuale, più come materia umanistica che scienza esatta. A 57 anni gestisce progetti di informatica… Si legge questo dalla sua biografia. Come nasce l’amore per la scrittura?

In realtà l’amore per la scrittura dormiva. Tra i 15 e i 25 anni scrivevo. Racconti, romanzi brevi, inizi di romanzi brevi… Avevo anche un gruppo di amici con il quale condividevo questa passione.

Poi il lavoro, e tutto il resto mi fecero interrompere questa passione che ripresi nel 2010, con due novità rispetto ad allora.

La prima: non scrivevo più con la macchina per scrivere, ma al computer e potevo riscrivere il testo cento volte molto velocemente; la seconda: erano comparsi i primi siti di autopubblicazione: potevo scrivere e stampare anche solo dieci copie con una spesa irrisoria e in poco tempo.

Tutta questa tecnologia, dentro cui nuotavo tutti i giorni, mi ha permesso di concentrarmi sulla scrittura e mi ha ridato la spinta a riprendere arrivando rapidamente ad avere un libro stampato.

Il piano di Lavinia, Mi ricordo di te, Le Cassiere, Nessuno alla Stazione sono alcuni dei suoi romanzi. Ma c’è uno che preferisce particolarmente?

Sono affezionato a “Il piano di Lavinia” perché è il primo perché è nato in maniera particolare e originale e perché è piaciuto subito e mi ha fatto prendere la decisione di continuare. Il mio libro preferito, però, è Nessuno alla Stazione.

Cominciato prima de “il piano di Lavinia” l’ho scritto e riscritto, parecchie volte ed è sicuramente il romanzo più completo. Le cassiere, in realtà, non è un romanzo, ma una commedia scritta apposta per il teatro: non c’è, o almeno non c’è ancora, un libro da comprare.

Quali dei suoi romanzi è stato messo in scena? E cosa si prova vedere le proprie creature in carne ed ossa?

Solo un romanzo è stato messo in scena; si tratta di “Fino all’ultimo scatolone” messo in scena a dicembre scorso. Quasi tutti gli altri spettacoli (saranno 8 alla fine della stagione) che sono andati in scena dal 2016, sono basati su testi scritti apposta per il teatro.

Il risultato non cambia: rimango sempre affascinato dalla lettura che riescono a dare regista e attori di un testo. La voce, la gestualità, la musica e tutto il resto, aggiungono talmente tanto a un testo che ogni confronto scritto-spettacolo rimane fuori luogo.

Le è capitato di vedere stravolto un suo romanzo a teatro?

Né un romanzo, né un copione. Ho sempre incontrato (sino ad ora) registi abbastanza rispettosi del testo e dell’autore.

Parliamo de Le Cassiere? Cosa vuole dirci questo testo?

Questo testo è nato quasi per scherzo e da una sfida. Potrebbe mai una cassiera di un teatro recitare nel teatro stesso? Risposta: sì se rappresentasse se stessa. Poi, come spesso mi accade, i personaggi e le parole si armano di vita propria ed è diventata la storia di un confronto di due persone (due donne) completamente diverse tra loro, ma anche complementari.

Mentre scriveva la storia immaginava proprio cosi le protagoniste?

È accaduto quello che mi accade spesso quando scrivo. I personaggi, all’inizio pensati in un modo, mutano con il comporsi dei dialoghi. Le battute danno loro forma e sono proprio le parole che “dicono” che li trasformano. Alla fine però sono sempre contento di come diventano i “miei personaggi” e questo vale anche per “le cassiere”.

Un’anticipazione: ha avuto modi di assistere alle prove? Se sì, c’è qualcosa che non la convince? E cosa, invece, le piace tanto?

Sì, ho avuto il piacere di assistere alle prove, nel rispetto della regista e del suo ruolo. Non c’è niente che non mi convince nella messa in scena, anzi, al contrario Aurora Piaggesi (la regista) ha tirato fuori dal testo cose a cui non avevo fatto caso, ma che aleggiavano nel copione.

Ad esempio: Carla e Valentina (le due protagoniste) possono essere viste come le due parti di cui siamo composti, lo yin e lo yang che c’è dentro di noi. La calma, la routine, la voglia di fare sempre le stesse cose da una parte e l’impulsività, l’istinto, la fantasia che ci portano a fare cose folli dall’altra.

Non c’è una prevalenza delle due parti, c’è un loro equilibrio: la panchina su cui siedono siamo noi. E ancora, nel testo (fa parte di un mio modo di scrivere) c’è spesso una venatura sottile di surrealismo.

Vederlo uscire fuori a teatro in modo garbato e usando le tecniche del teatro, mi ha fatto molto piacere.

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