Ha debuttato al Teatro Nazionale di Milano la prima versione italiana ufficiale di Mary Poppins.

Il musical più atteso dell’anno ha incantato il pubblico – formato prevalentemente da giornalisti e addetti ai lavori, insieme a numerose personalità del mondo dello spettacolo e della cultura – durante una serata “praticamente perfetta sotto ogni aspetto”… tranne la pioggia!

Una premessa è obbligatoria: chi ha avuto la fortuna di assistere al musical Mary Poppins a Londra o New York ed entra al Teatro Nazionale di Milano nutre in partenza aspettative  comprensibilmente elevate, che, in alcuni, casi potrebbero essere disattese: in effetti, la dimora della famiglia Banks non si sviluppa né si percorre come una casa delle bambole; Bert non balla il tap a testa in giù con i piedi sul soffitto; e il volo finale di Mary Poppins dal palcoscenico alla galleria, passando sopra le teste degli spettatori in platea, accade in maniera sicuramente insolita…

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Ciononostante, il primo allestimento italiano del musical basato sui racconti di P.L. Travers e sull’omonimo film di Walt Disney, decisamente non tradisce la fiducia perfino degli spettatori più scettici. Anche perché, quando tutto il pubblico batte le mani al ritmo dei brani più celebri (Un poco di zucchero, Supercalifragilistichespiralidoso), oppure l’interpretazione di Dora Romano, nel ruolo – breve, ma intenso – della Vecchietta dei piccioni, è talmente emozionante da rigarti il viso di lacrime per tutta la durata del brano Feed the Birds, si può solo prendere atto che l’allestimento ha, comunque, colto nel segno.

Mary Poppins il musical

Va ricordato che, rispetto alla versione cinematografica, l’adattamento teatrale prodotto da Cameron Mackintosh e Thomas Schumacher per Disney Theatrical Productions su libretto di Julian Fellowes, con canzoni aggiunte di George Stiles e Anthony Drewe (presenti al debutto italiano, ndr) sposta alcune scene e introduce nuovi personaggi: ad esempio la rutilante creatrice di parole, Mrs. Corry (la cui curiosa caratterizzazione carioca è garantita dalla verve di una “regina del palcoscenico”, come Simona Patitucci); o ancora l’arcigna crudeltà da fumetto della vecchia tata di George Banks, Miss Andrew (meglio conosciuta come “il demonio”), una eccellente macchietta (nel senso più rispettoso del termine), resa ancora più efficace dalla possente vocalità di Lucrezia Bianco, che, dopo l’interpretazione della strega Baswelia nel musical Il principe ranocchio, si conferma decisamente a proprio agio nei ruoli “villains”.

Perizia, rigore e la giusta dose di delicatezza sono gli aggettivi che riassumono il lavoro di traduzione e adattamento compiuto da Franco Travaglio sulle liriche delle canzoni aggiunte dello spettacolo (particolarmente apprezzato sui testi di Cherry Tree Lane e Anything Can Happen).

L’impatto del pubblico con le impegnative e, a tratti, forse anche troppo dinamiche scenografie, è piuttosto immediato: il palcoscenico del Teatro Nazionale è stato bucato per permettere l’installazione di un sistema di elevatori che consentono alla casa di viale dei Ciliegi di mostrarsi in tutto il suo splendore, sviluppandosi verticalmente; all’occorrenza, l’uso oculato di videoproiezioni introduce il pubblico nella fumosa atmosfera londinese dei primi del Novecento.

Luci e costumi mantengono colorati richiami disneyani, risultando però funzionali a un adattamento teatrale, che strizza l’occhio a un gusto contemporaneo, a volte anche divergente da quello della tipica famiglia tradizionale.

Supercalifragilistichespiralidoso

Anche questa volta, Gillian Bruce non tradisce se stessa, coinvolgendo l’intero cast in mirabolanti e impegnative coreografie, che strappano applausi a scena aperta, dal perfetto spelling di Supercalifragilistichespiralidoso, alle scorribande dei provetti spazzacamini-ballerini in Step in Time.

Il cast sorprende per l’elevato e piuttosto omogeneo livello di qualità artistica. L’unico “fuori dal coro”, purtroppo, sembra essere Davide Sammartano, nel ruolo di Bert: il giovane performer, infatti, ce la mette tutta per costruirsi addosso un personaggio che, allo stato attuale, brilla esclusivamente per simpatia, ma non è ancora in grado di suscitare empatia e, di conseguenza, emozioni nel pubblico, soprattutto come cantante.

Mary Poppins il musical
Giulia Fabbri è Mary Poppins

L’interpretazione di Antonella Morea nei panni di Mrs. Brill, la cuoca, è invece un’autentica folgorazione: l’attrice, esponente della tradizione teatrale partenopea, spicca per l’assoluta padronanza dei tempi comici (soprattutto nelle scene in coppia con Roberto Tarsi, un convincente Robertson Ay) e l’inossidabile verve.

Gipeto ricopre il doppio ruolo dell’Ammiraglio Bloom e del Presidente della Banca; quest’ultimo è un personaggio non più iconico come lo fu un ultra-invecchiato Dick Van Dyke nel film, ma comunque efficace all’interno della storia.

Alice Mistroni, oltre a firmare l’adattamento in lingua italiana, non fatica a “essere Mrs. Banks; un personaggio più complesso e dalle inaspettate sfaccettature, rispetto alla suffragetta cinematografica.  quest

Un interpretazione cui la solida esperienza della performer ha saputo dare il giusto spessore, tuttavia si tratta di un ruolo che, rapportato al prestigio dello spettacolo, non va necessariamente considerato un traguardo.

Alessandro Parise è un’altra piacevole “scoperta” di questo cast: oltre a possedere il  physique du rôle appropriato per interpretare George Banks, consegna al personaggio tutta la propria competenza interpretativa; in più, rispetto a precedenti lavori di teatro musicale cui ha preso parte (Footloose), questa volta è stato possibile apprezzare meglio le sue potenzialità nel canto, indiscutibilmente affinate.

Giulia Fabbri è Mary Poppins

Giulia Fabbri, la Mary Poppins italiana, è “in pratica perfetta”, proprio come il titolo di una delle nuove canzoni del musical. E non stupisce che a sceglierla personalmente sia stato proprio Cameron Mackintosh. La giovane performer di Forlì è disneyana solo nelle sembianze: la sua presenza scenica trasmette austerità e la sua voce infonde pacata fermezza. Dimenticate, dunque, Julie Andrews, perché la protagonista di questo allestimento rispecchia piuttosto fedelmente Mary Poppins come avrebbe voluto vederla   rappresentata P. L. Travers.

I due bambini che, alternandosi, con altre due coppie di giovanissimi interpreti, si calano nei ruoli di Jane e Michael Banks, sono la vera rivelazione dello spettacolo: al debutto ufficiale il compito è stato magistralmente assolto da Margherita Rebeggiani e Stefano De Luca; in particolare, quest’ultimo sfodera una naturale propensione a conquistarsi il proprio spazio sul palcoscenico e la simpatia del pubblico, mediante una padronanza del tutto spontanea dei tempi comici.

Questa è la dimostrazione che l’Italia è in grado di compiere ulteriori passi avanti nella formazione di futuri performer con buone basi di canto, danza e recitazione.

Mary Poppins è probabilmente il miglior allestimento firmato da Federico Bellone negli ultimi tre anni: il regista ha indubbiamente dimostrato che, con impegno e passione, “tutto può accadere, se ci credi”. E accadrà anche in Italia (per il momento) fino al 13 maggio.

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