La trappola

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La Trappola

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riadattata ed interpretata da Gabriele Lavia

 

di Luigi Pirandello

con Gabriele Lavia

e con Giovanna Guida, Riccardo Monitillo

regia Gabriele Lavia

scene Alessandro Camera

costumi Andrea Viotti

luci Giovanni Santolamazza

 

Per la seconda volta nella stagione 2012-2013 del Teatro Argentina, viene proposta un’opera di  Luigi Pirandello: La Trappola, una novella riadattata in forma teatrale, interpretata e diretta da Gabriele Lavia.

Un uomo è solo nella sua casa. Fuori scena un altro uomo piange. È il vecchio padre, ormai malato terminale; egli non parla, non sente, non percepisce più nulla della realtà che è intorno a sé. Tutto è fermo, sospeso in una penombra inquietante.  E ciò che lo illumina è solo una luce fioca che scandisce i ritmi della vita: “trema tutta la vostra realtà. Vi si scopre fittizia e inconsistente. Artificiale come quella luce di candela”, asserisce quasi sussurrando il protagonista.

Enormi scaffali pieni di libri, armadi di diversa grandezza, sedie accatastate l’una sull’altra, un grammofono, un pianoforte, alcuni specchi e un divano riempiono e dominano la scena.  Gli oggetti, statici e immobili, non hanno vita perché sono coagulati nella loro forma, vittime del loro destino. Quest’uomo, come quegli oggetti disordinati, è chiuso nella stanza, intrappolato nei suoi pensieri, in questo tempo e in questo spazio. Il rapporto con il sesso femminile, anch’esso, si è rivelato un tranello, una delusione totale. Una donna lo seduce, adescandolo con astuzia e malizia tra le sue braccia, per ottenere da lui il figlio che non può avere dal proprio marito, poi, lo abbandona e se ne va via lontano.

Il terribile inganno si conclude nell’impossibilità di creare legami sociali; anche in questo caso, il protagonista è il buio, a tratti interrotto dalla luce artificiale di una candela. Il senso d’impotenza cresce fino a raggiungere l’apice della sua forza nel momento in cui l’uomo tenta di uscire da quella trappola; l’incapacità di agire si rivela nel massimo dell’azione, l’ultima possibile, l’unica concessa: la morte. Tutta lì è la libertà, anch’essa mera illusione, unico tentativo per eliminare per sempre quella realtà fallace.

In tutta la scena incombe il conflitto perenne dell’uomo, costretto tra lo slancio della vita e l’immobilità della forma da cui non sa e non può difendersi, perché è cosciente che “la vita è il vento, la vita è il mare, la vita è il fuoco, non la terra che si incrosta e assume forma. Ogni forma è la morte”.

La raccolta Novelle per un anno, in cui è contenuto l’omonimo racconto, rappresentava per Pirandello una vera e propria fucina di idee, di materiale letterario da cui lo stesso autore estrapolava personaggi, situazioni ed eventi che poi ricombinava nei romanzi e nel teatro. La versione scenica di Lavia, si rifà in parte a questo tipo di operazione facendo emergere alcuni dei temi più caratterizzanti della poetica dell’autore, mescolati con altre opere e citazioni.

Il teatro pirandelliano si muove sempre sotto il segno della ripetizione e, come una spirale che affonda verso il basso, scava verso il profondo delle inquietudini umane, dell’ipocrisia delle convenzioni sociali, della corruzione dei sentimenti stessi. I tratti dostoevskijani di opere come Memorie del sottosuolo e Sogno di un uomo ridicolo, entrambe già rappresentate da Lavia sul palcoscenico del Teatro India e Argentina, emergono in questo interessante adattamento attraverso un monologo-confessione dagli espliciti rimandi alla filosofia di Schopenhauer e di Nietzsche fino ad arrivare alle Opere di misericordia corporale e spirituale.

Lavia, attento lettore e interprete, offre una rivisitazione della novella in cui l’intreccio della storia è ridotto all’ essenziale lasciando spazio all’introspezione del personaggio.  “Anche il buio è un sole. Anche il buio è un sole” ripete fino all’ultimo il protagonista, citando Nietzsche. Meglio la verità che la menzogna di quella maschera posta di fronte alla realtà, la realtà che l’uomo si dà da sé. Quel mondo che ha davanti può essere visto soltanto con un cannocchiale rovesciato, percepito attraverso il sentimento del contrario, nella consapevolezza che non può più sentirsi vivere staccato dal flusso continuo degli eventi, fissato nella forma, avvolto nella trappola che egli stesso si crea.

 

Dal 9 al 24 marzo presso il Teatro Argentina

 

info: http://www.teatrodiroma.net/adon.pl?act=doc&doc=1894

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