Ci sono città che aprono varchi atemporali in cui storia, leggenda e letteratura si fondono.

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Così, Roma e Napoli, palcoscenici della vita dove l’uno si confonde nell’altra, tra borghi, rioni e ciottolati, si incontrano in uno spazio scenico rubato alle passeggiate estive: sulla terrazza di uno storico locale trasteverino, “Su al Forno”, il 22 luglio, abbiamo scoperto Posillipo e il Rione Sanità, grazie allo spettacolo “Leggendo leggende napoletane”.

Tra proposte vinicole e arredi sincretici, Luca Trezza e Francesca Muoio della compagnia “Formiche di Vetro”, annullano lo spazio fisico ed emozionale tra la scena e gli avventori-spettatori, offrendo e “offrendosi” ad una voracità di suoni, colori, sensazioni della città partenopea.

Lo spettacolo mette in scena, durante un aperitivo nel centro storico di Roma, una Napoli che seduce, blandisce ma non si afferra mai, come i corpi degli stessi attori che includono scena e platea in un’unica prospettiva.

Una Napoli in cui Francesca e Luca ci scaraventano, ora sognanti col naso all’insù di un bambino, ora ostinati e screanzati, gravidi di sogni, come di amorose e vogliose impudicizie.

Un fazzoletto rosso annoda sprazzi della letteratura classica napoletana ad evocazioni cinematografiche, da Filomena Marturano ai “camorristi romantici” alla Sorrentino, tessendo un inedito “cunto de li cunti”, sospeso in un tempo indaffarato a rotolare e srotolar fiabe, leggende e diari di strada.

Perché a Napoli è così, “munnizza” e glorie di strada sono endemiche quanto artisti e poeti ed è la vita che sorprende il palcoscenico e ne fa teatro.

E quindi, anche il dopoguerra spietato si fa generoso, nella caparbietà di popolane, che accolgono soldati e violenza con un’insolita, indomita rassegnazione. Ma poi c’è la Napoli… spaccona quanto appassionata… che sa sparare alle stelle ma pure renderti “la luna spaccata come burro su un piatto di maccheroni”; mentre, sulla collina di Posillipo, signori e spazzini rivolgono preghiere e incartano sorrisi, persi sulle tracce di fogliame e firmamento, in una struggente natura che avvolge tutti.

Autori, registi e attori, diplomati all’Accademia Silvio D’Amico e con collaborazioni importanti alle spalle, Luca Trezza e Francesca Muoio si fanno interpreti di una narrazione popolare che si “sfrantuma” in più storie mentre increduli assistiamo ad un continuo passaggio tra poesia, folklore e stupore: non serve altro che i loro corpi, due leggii e due volti sui quali vediamo sfilare tutte le facce di un’istrionica Spaccanapoli.

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