Lucio Saffaro (Trieste 1929 – Bologna 1998) è stato un grande protagonista dello scenario intellettuale del secondo Novecento. Una figura singolare: pittore, scrittore, poeta e matematico.

Fu per tutta la vita incessantemente alla ricerca dell’infinito e della perfezione attraverso lo studio dei misteri dello spazio e del tempo, dell’esplorazione della complessità dell’universo.

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Tutti studi e pensieri che dipinse su tela. Le sue opere pittoriche e grafiche si possono definire vorticose ed enigmatiche: ben 90 dei suoi lavori sono esposti nella mostra, organizzata al Magazzino 26 di Porto Vecchio a Trieste, che riscopre e vuole valorizzare l’originalità dell’artista nato proprio a Trieste – e successivamente studioso di fisica a Bologna – nel contesto della cultura e dell’arte italiana del ’900.

Una mostra interessante che, forse, avrebbe meritato una location cittadina più centrale in modo da favorirne la visita ad un più vasto pubblico.

Le opere

La selezione di opere pittoriche e grafiche – nello specifico si tratta di 36 olii, 35 litografie e 16 disegni – in mostra è di proprietà della Fondazione Saffaro e dà un’immagine completa della sua produzione. Partendo dalle figure enigmatiche delle prime opere, fino ad arrivare alle ultime ricerche prospettiche con i poliedri che lui stesso definisce forme “che pongono quesiti non di natura matematica ma piuttosto esistenziale“. 

L’artista

Contrariamente a quanto si può pensare, Saffaro non fu un pittore dell’astratto-geometrico in quanto le forme nelle sue opere vogliono rappresentare l’universo reale e concreto e raccontano il suo viaggio verso l’infinito, la sua ricerca della geometrica perfezione, che l’artista sa essere cosa impossibile da raggiungere.

Essendone quindi consapevole, dalle sue opere fa trasparire un senso di tristezza e solitudine, un sentimento che l’artista definiva malinconia, emozione che si ben percepisce. 

La particolarità di questo artista è il suo stile: si differenzia dalle tendenze contemporanee, dai movimenti avanguardistici e dagli sperimentalismi linguistici del secondo ‘900 e questo ha fatto sì che, nonostante le sue partecipazioni alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e a molte altre importanti rassegne artistiche sia in Italia che all’estero, gli scritti e recensioni dei maggiori critici e storici dell’arte del Novecento, sia rimasto, purtroppo, semi-sconosciuto al grande pubblico.

Una curiosità

Fu Saffaro nel 1970 a rendersi conto che nel mosaico pavimentale della Basilica di San Marco a Venezia di Paolo Uccello, della prima metà del Quattrocento, l’autore aveva disegnato il “dodecaedro stellato”, figura solida scoperta da Keplero due secoli dopo! Si tratta di un’immagine divenuta in seguito famosa in quanto scelta – su indicazione dello stesso artista – come simbolo della Biennale d’Arte di Venezia del 1986. 

LUCIO SAFFARO. TRA ARTE E SCIENZA.

fino al 26 giugno 2022
al Magazzino 26, Porto Vecchio, Trieste
www.mostrasaffarotrieste.com

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