Premiato come “Miglior attore” durante l’edizione del 2014 del Roma Fringe Festival, dopo le repliche al teatro Kopo’ e al Doppio Teatro, Silvio Barbiero è stato in scena, dal 14 al 17 maggio, al teatro Cometa Off di Roma con “Groppi d’amore nella scuraglia” di Tiziano Scarpa.

Con una scenografia volutamente inesistente, Barbiero, unico attore sul palco, riesce ad incantare il pubblico con uno spettacolo basato esclusivamente sulle parole del protagonista e l’immaginazione degli spettatori.
Nonostante il linguaggio ricopra quindi un’importanza fondamentale nella rappresentazione, non è però scontata l’immediata comprensione da parte del pubblico. Usando un dialetto meridionale sin dalle prime battute, l’attore riesce sicuramente a stupire lo spettatore che, almeno per i primi minuti, si trova comicamente disperso in una miriade di termini di cui può solo intuire il significato.

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Un saggio uso della ripetitività delle stesse parole da parte di Barbiero e di una mimica eloquente aiutano, dopo la confusione iniziale, il pubblico a collegare ogni termine ad un determinato significato.

La scelta particolare di usare esclusivamente un linguaggio dialettale è presto spiegata dalla storia che ci viene presentata.
A parlarci, infatti, non è il padovano Silvio Barbiero ma il meridionale Scatorchio che, attraverso atmosfere oniriche e movenze esagerate, tenta di raccontarci la storia del paese in cui vive, della propria innamorata Sirocchia, del sindaco corrotto, del popolo accondiscendente e del suo acerrimo rivale Cicerchio.

“Groppi d’amore nella scuraglia” regala una storia tragica e, purtroppo, reale attraverso gli occhi di un individuo ingenuo e puro che, pur donando alla rappresentazione alti picchi di comicità grazie alla sua visione semplicistica del mondo, riesce nell’intento di aggiungere un ulteriore tocco di amarezza ad una vicenda già orribilmente triste.

Groppi d’amore nella scuraglia
di Tiziano Scarpacon Silvio Barbiero
scene di Paolo Bandiera
costumi di Anna Cavaliere
foto di scena e locandina di Fabrizio Caperchi
musiche di Sergio Marchesini e Debora Petrina
regia di Marco Caldiron

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