Sono dodici i titoli del Concorso documentari del Trieste Film Festival (21-30 gennaio), tutti in anteprima italiana e tutti disponibili online sulla piattaforma del festival e su MYmovies ONE.

 

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FEMMINILE/REALE

Never Coming Back (Non tornerò mai più) di Mikolaj Lizu è il ritratto di quattro giovani detenute del Centro educativo giovanile di Goni?dz, un riformatorio vicino a Bia?ystok, in Polonia, dove ci sono molte ragazze madri. La macchina da presa le segue con dolcezza senza giudicare. Idealmente collegato a questo documentario è I’ll Stand by You (Sarò al tuo fianco) della coppia di cineasti italo-lituana Virginija Vareikytè e Maximilien Dejoie sull’impegno di due donne, una psicologa e un’agente di polizia, che lavorano, parlando con persone anziane ed isolate, per ridurre il numero record di suicidi nella loro cittadina in Lituania. 

Mentre è specchio precipuo delle tradizioni e della società albanese Reconciliation (Riconciliazione) di Marija Zidar in cui una diciottenne viene uccisa in una faida familiare nelle montagne del paese delle aquile. Il padre si viene così a trovare in conflitto tra il rispetto del codice tribale, il ‘Kanun’, e una difficile strada di perdono e riconciliazione.

CONFLITTI LONTANI SEMPRE PRESENTI

1970 di Tomasz Wolski ricostruisce le proteste popolari scoppiate nella Polonia comunista del ’70, raccontate però da una prospettiva inedita, quella degli oppressori, i funzionari del governo ripresi come realistici pupazzi animati in stop-motion. Un racconto grottesco e tragico premiato allo svizzero Visions du Réel. Da Varsavia ci spostiamo a Praga con Reconstruction of Occupation (Ricostruzione dell’occupazione) di Jan Šikl che, attraverso l’utilizzo di pellicole amatoriali, mostra l’invasione da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Immagini uniche, in cui i volti di cittadini anonimi si trasformano in testimoni viventi di quei drammatici giorni della storia cecoslovacca.

Il fallimento del socialismo reale abita anche a Belgrado dove è ambientato Museum of the Revolution (Il museo della Rivoluzione) di Srdan Keca, in concorso a IDFA 2021, storia di un edificio incompiuto da 60 anni, progettato per celebrare la Jugoslavia socialista, e oggi abitato dagli emarginati di una società rimodellata dal capitalismo.

È la presenza del passato della guerra civile in Bosnia ad abitare, nello sperimentale Looking for Horses (Cercando i cavalli) di Stefan Pavlovic, il dialogo tra un giovane regista olandese di origini bosniache e un pescatore che ha perso l’udito nel conflitto e che vive isolato in un lago sperduto. Miglior film a “Burning Lights” di Visions du Réel 2021 e Premio speciale della giuria al Festival di Sarajevo.

SGUARDI

Più legata alla tradizione del documentario di osservazione, la scelta del trittico composto da René – The Prisoner of Freedom (René – Il prigioniero della libertà) dell’acclamata cineasta ceca Helena Treštíková, nuovo tassello di una cine-biografia lunga ormai più di trent’anni con uno dei ritratti più intensi e perturbanti del “delinquente amabile” René che inizia proprio con la prima in sala del precedente film su di lui (2008) e arriva fino ad oggi.

The Balcony Movie (Dal balcone) di Pawel Lozinski, Grand Prix della Settimana della critica al festival di Locarno, è un originale esempio di documentario d’osservazione interamente girato dal balcone dell’appartamento del regista, a Varsavia, punto di osservazione unico sulla Polonia di oggi. In Krai, in concorso lo scorso anno a Dok Leipzig, il giovane regista Aleksey Lapin torna nel suo villaggio natale vicino al confine ucraino, dove era solito trascorrere l’estate, con il pretesto di un casting per un film storico mentre, in realtà, osserva, in uno spettacolare bianco e nero e in formato 4:3, le storie minime che si offrono al suo sguardo con una sorprendente partecipazione emotiva mai priva di ironia.

LAVORO E SOCIETÀ

Factory to the Workers (La fabbrica ai lavoratori) di Srdan Kovacevic si apre con un’inquadratura del ritratto dell’ex presidente jugoslavo Tito e racconta i dieci anni di lotta operaia all’Itas, una fabbrica modello in Croazia di macchine utensili, nata negli anni gloriosi dell’autogestione e trasformata oggi in una forma alternativa di produzione, contro l’economia capitalista.

Maria Eismont, avvocato coraggioso e intraprendente, si scontra in The Case (Il caso) di Nina Guseva (regista diplomatasi con la grande documentarista russa Marina Razbežkina), con il sistema giudiziario russo mentre lotta per la libertà di un giovane attivista politico, Konstantin Kotov arrestato a Mosca nell’estate 2019, all’indomani delle proteste dell’opposizione.

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