Dal 18 al 23 febbraio Teatro Sala Umberto Nel nome di chi (dentro i muri del Vaticano)

 

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Emozionante, diretto, coinvolgente è stato assistere a questo teatro denuncia dal titolo Nel nome di chi.

Il testo contiene in sé il lavoro particolareggiato e preciso di ricerca sull’operato degli organi direttivi del Vaticano, almeno negli ultimi decenni. Non è come può sembrare un’opera contro una istituzione, anche vetusta ed impolverata, che è ormai troppo chiusa nei suoi lussuosi palazzi di potere, anzi è piuttosto l’esaltazione della vera religiosità, di una cristianità che dovrebbe adoperarsi di più verso i bisognosi della terra anziché tramare con i potenti dell’universo.

La trama della piéce arriva diretta alla stomaco, si parla di pedofilia, tema spesso controvoglia affrontato dal nobile clero. Per passare all’elenco imbarazzante dei beni immobili della Chiesa, e poi lo Ior, che già solo pronunciarlo fa tremare un po’ la voce. In tutto questa esposizione lucida e soprattutto chiara non viene assolutamente attaccata l’opera caritatevole della chiesa attraverso missionari in paesi lontanissimi e poverissimi, ma anche l’impegno quotidiano di tanti piccoli grandi preti che operano in situazioni piuttosto complicate, nel quale la fa da padrone il disagio sociale, o un sistema troppo spesso ammantato da mafioso olezzo. Finalmente, e soprattutto, ora, adesso vi è un gran bisogno di teatro civile, dove il palcoscenico può diventare il luogo nel quale ad un pubblico che lo vuole viene indotta la dote della riflessione combinata ad una forte emozione che insieme possono svegliare le coscienze, di tutti, qualsiasi sia l’appartenenza politica, se è verosimile parlare di appartenenza oggi.

Sulla scena spoglia e forse volutamente austera una donna che certamente è un coacervo di sensibilità, ma anche di una certa rabbia educata che spesso è proprio solo femminile. La protagonista si muove all’interno di uno spazio scenico quasi surreale: si rivolge ad una persona che ha di fronte (all’inizio sconosciuta), affrontando con energia, commozione e sofferenza vari argomenti, senza però mai mettere in discussione la propria “fede”. Della figura femminile non conosciamo nulla e soltanto alla fine verrà disvelata la vera identità, ed è in quella rivelazione che si ha l’ennesima sorpresa. L’interlocutore silenzioso, e forse solo immaginato nello stesso ambiente è un papa lontano, forse preoccupato, forse rassegnato.

Andare a teatro ed ascoltare la narrazione della verità, forse a volte poco conosciuta nei dettagli, difficile da raccontare, ma soprattutto da accettare, è forse un momento raro, dal sapore, per assurdo, in questo caso,  quasi mistico. Probabilmente c’è una esigenza assoluta di pagine teatrali (e di storia) come questa, impeccabile ed accurata, che vanno ad insinuarsi in coscienze e menti spesso troppo assonnate. Antonia Liskova splendida, ieratica, ed emotivamente accattivante. Grazie a Gabriele Guidi ed Ennio Speranza, ma anche al Teatro Sala  Umberto che coraggiosamente inserisce nel suo cartellone un testo coraggioso ed unico.

 

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