“Cabaret” è uno spettacolo molto caro a Saverio Marconi, che lo aveva già messo in scena nel 1992 e nel 2007 in due versioni molto diverse.

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In questa edizione Giampiero Ingrassia è il Maestro di Cerimonie, filo conduttore che rappresenta l’aspetto ludico della storia e, allo stesso tempo, quello ambiguo e stravagante.

Fragile ed evanescente, Sally Bowles (Giulia Ottonello) è la giovanissima stella del berlinese Kit Kat Klub.

E, mentre Sally sogna di diventare una grande attrice, fuori dalla porta del trasgressivo cabaret il mondo va in frantumi. Nella Berlino dei primi anni Trenta, sullo sfondo dell’avvento del nazismo, si intrecciano le storie dell’austera Fräulein Schneider e il timido e riservato ebreo Herr Schultz e della libertina Fräulein Kost e il nazista Ernst Ludwig mentre sulla Germania, e sulle vite di tutti, sta per abbattersi la furia hitleriana.

Se per tre volte, nel corso della mia carriera, ho deciso di mettere in scena “Cabaret”, è perché in tre periodi differenti della mia vita, lontani e diversi tra loro, ho sentito la necessità di guardare (e far guardare) oltre il sipario del Kit Kat Klub.

Uno spettacolo che conosco molto bene, e a cui tengo molto, che questa volta, dimenticati i riferimenti al film, ho messo in scena “come voglio io”, con una nuova e profonda sincerità nell’affrontarlo.

Una lettura più dura, con alcuni momenti di teatro nel teatro, molto più attuale, dunque, che costringerà gli spettatori a mettersi di fronte alla tendenza di oggi a lamentarsi, senza però mai reagire per cambiare davvero.

Ho pensato e firmato a quattro mani con Gabriele Moreschi una scenografia che “abbraccia” il palcoscenico, una pedana, un vecchio sipario, le tavole consumate e intrise di memoria: è così che ogni sera si rievoca un periodo storico, attraverso quella musica, quelle storie che – come in un girotondo schnitzleriano – continuano ancora oggi il loro racconto, senza soluzione di continuità e di emozioni. Insieme a un cast straordinario, raccontano di un’indifferenza colma di paure ed egoismo, con la speranza che, al prossimo giro, per una volta vinca il coraggio di affrontare la realtà.

A 25 anni di distanza da “A Chorus Line”, siamo tornati a debuttare al Todi Festival, proprio da dove ci eravamo affacciati sulla scena teatrale italiana. Venticinque anni in cui il mondo, fuori e dentro i teatri, è cambiato.

Ma c’è una cosa che non è cambiata e credo che questo sia un tema che non muore mai: l’indifferenza della gente che non si occupa (o preoccupa) di quello che gli succede intorno se non ne viene toccata direttamente. Allora nacque il nazismo, oggi cosa nascerà?

Saverio Marconi

Per questo Articolo le immagini sono state fornite dall’ufficio stampa dell’artista/spettacolo. Si declinano per tanto ogni responsabilità relative ai crediti e diritti.

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