Ha debuttato in prima assoluta al Teatro Murialdo di Torino la nuova regia di Pino Strabioli, Il ritratto di Dorian Gray: il cast dello spettacolo è costituito dagli attori della compagnia Nuove Forme, realtà torinese ormai in costante espansione nel panorama nazionale.

Una rilettura fedele del classico di Oscar Wilde, arricchita da una pungente ironia, che ne esalta gli aspetti più moderni e stuzzicanti.

In questa inedita versione, Dorian Gray, pur conservando il carisma che lo contraddistingue, non è rappresentato come un ventenne che si lascia influenzare facilmente da Lord Henry Wotton (Paolo Mazzini) e dalla sua fuorviante propensione all’immoralità; bensì è un giovane uomo (Simone Faraon), che ha appena varcato – non senza cicatrici e con qualche capello bianco – la soglia dei trent’anni.

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La voglia di ingannare il tempo che passa prende il sopravvento e induce il protagonista a stringere un patto con il proprio demone interiore, tramite la sua immagine impressa in un ritratto eseguito dal pittore Basil Hallward (Lorenzo De Iacovo), il cui tormento interiore sembra racchiuso nel dipinto, ancor più del lato oscuro di Dorian.

Il ritratto “parla” con la voce di Pino Strabioli e l’indissolubile legame tra l’uomo e la sua effige viene sancito attraverso una scena emblematica, con il protagonista completamente senza veli, pronto ad accettare che la sua perversa natura si impossessi di lui.

Da questo momento, qualcosa cambia nella costruzione stessa del personaggio: se in precedenza il fascino del protagonista derivava anche dal sagace rapporto dialettico instaurato con i suoi interlocutori, ora la natura ambigua e perversa di Dorian comincia a manifestarsi attraverso una sorta di regressione –  da adulto consapevole a cinico giullare – condita da atteggiamenti di indifferenza e spietato egoismo.

La si può ritenere una scelta registica funzionale – e infatti funziona – ma resta il dubbio che il ricorso repentino a una gamma di sfumature interpretative così diverse snaturi l’essenza del personaggio, mettendo a rischio la spontanea credibilità dell’interprete in questo ruolo.

Un effetto riscontrato soprattutto nelle scene in cui il protagonista interagisce con Sybil Vane (Yael Sau) e con lo stesso Basil: a questo proposito, la scena dell’assassinio del pittore avrebbe potuto essere resa più movimentata, magari con l’utilizzo di una finta arma in scena.

Di grande realismo, invece, la tormentata e veemente dialettica autodistruttiva, implicita nel rapporto tra Dorian  e Alan (Mario Contenti), personaggio non presente nel romanzo originale, ma che in questa rilettura rappresenta le numerose vittime dell’ambiguo fascino corruttore del protagonista.

Ulteriore peculiarità di questa versione è l’interazione tra gli attori e le videoproiezioni, nelle quali gli stessi interpreti vestono i panni en travesti di personaggi rappresentanti l’ipocrita voce di quell’aristocrazia vittoriana che Wilde era solito sbeffeggiare nei suoi lavori: un esempio, purtroppo ancora poco imitato, dell’efficacia di questa tecnica in teatro.

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