È andato in scena ieri al Teatro Miela di Trieste Immigrant Song 2.0 per la regia di Ferruccio Merisi. Inserito nella rassegna firmata dagli S/Paesati, Immigrant Song 2.0 omaggia Thomas Sankara. 

 

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Thomas Sankara è quello che oggi viene definito un eroe per tutta l’Africa. Un uomo le cui lotte rappresentano un esempio per tutte le popolazioni oppresse.

Sankara, rivoluzionario prima, presidente del Burkina Faso all’età di 35 anni poi, fu l’uomo che per primo alzò la testa, convincendo il popolo burkinabè  a fare altrettanto.

Sankara, durante un suo discorso all’ONU, sostenne con forza l’idea che il suo Paese dovesse smettere di pagare il debito pubblico per le politiche del colonialismo ed imperialismo. Oltre a questo si fece promotore di iniziative che potessero risollevare l’intero Paese sia in campo economico che in quello culturale, facendo costruire scuole anche nei villaggi più distanti dai centri.

L’impegno di Thomas Sankara fu volto anche al miglioramento della condizione delle donne, fu lui infatti a vietare l’infibulazione (pratica normale in tutti i paesi africani), esortò le donne ad avere maggior rispetto di se’ e fece in modo di coinvolgerle anche nella vita istituzionale del Paese.

Sankara, si schierò apertamente contro i Paesi colonialisti, sia contestandoli per la loro politica in Africa come  la complicità nell’aparteid; sia in politica estera votando all’Onu, per esempio, a favore dell’indipendenza della Nuova Caledonia, oggi Terre d’Oltremare francesi; oppure schierandosi contro gli USA per  l’operazione che li portò all’invasione dell’isola di Grenada, per ragioni che poi la Storia dimostrò essere pretestuose.

Il suo senso della giustizia, la sua anima ribelle e la sua lotta per una società autosufficiente e libera saranno i motivi che lo porteranno a morire per mano del suo migliore amico  Blaise Compaoré.

Attraverso l’unione di parole che, a tratti, costruiscono dei loop con delle coreografie che ricordano quelle di una danza tribale, Immigrant song 2.0 cerca di omaggiare l’incredibile figura che vi abbiamo descritto. Assistendo allo spettacolo ci siamo chiesti in che misura effettivamente ci riesca.

In più occasioni durante la performance, abbiamo avvertito la sensazione come se mancasse qualcosa. Inoltre ci è sembrata azzardata la scelta dell’uso di un non meglio identificato dialetto del sud, che si evolve in un italiano che gioca con gli accenti, scegliendo un tono quasi da litania per far parlare il protagonista.

Gli espedienti utilizzati sono certamente da apprezzare, forse c’è da chiedersi quanto, del cuore pulsante della storia, arrivi veramente al pubblico.

In scena, Lucia Zaghet per la realizzazione dello spettacolo la compagnia  si è avvalsa della consulenza artistica Associazione della Comunità Burkinabè del FVG.

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