Le Rose del Parnaso. Canzone, ultimo atto

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La dimensione surreale sembra farci sentire sospesi in un tempo non nostro. Parola d’ordine, PAROLA. Senso del tempo, del ritmo, del gioco. La poesia è eco di voci e di versi. Timbri.

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Insieme affascinante che incanta e suggella un momento prezioso.

Si è conclusa la terza parte della prima edizione de Le Rose del Parnaso, come ha tenuto a precisare la regista Irma Immacolata Palazzo, in conclusione dell’evento, prodotto dall’Associazione Culturale Vagabonda Blu e sostenuto dal MAXXI, dalla Regione Lazio e da Fondazione Roma Arte-Musei.

Presso il Maxxi, il 27 settembre è terminata, per così dire, la stagione estiva.

In bellezza e eleganza, eco di voci.

Canzone – da Petrarca al Rap, è allusione alla canzone. La ricchezza e l’intensità dello spettacolo, difatti, sono state fondate sul gioco, giocare con le parole, un’impresa interessante e movimentata.

Il gioco di parole, coraggioso e energico, ha vissuto di legami, di rime, di diversi idiomi – italiano e inglese – cadenzando il tempo. L’intreccio di parole è sperimentazione. Lo scambio di battute tra gli interpreti è un insieme di assonanze, versi di canzoni celebri che, legati insieme, hanno risuonato creando vortici di suoni, di frasi inventate e di richiami.

Le voci virtuose si sono espresse su basi musicali, ritmi e accompagnamenti famosi, le quali sono affiorate in altra foggia.

Le voci, protagoniste della serata, parlate, recitate, veloci, leggere, impetuose, viscerali e passionali, sono state gioco di equilibrio sulle parole stesse. Congiunzioni create sui versi di Rimbaud, Eliot, Palazzeschi, Ginsberg, Zanzotto e altri poeti, hanno delineato tempo.

Onomatopee, balbettii, neologismi e fonicità, elementi di studio sui quali si è lavorato per dare unicità allo spettacolo, sono risultati di un esperimento ben riuscito e, di sicuro, forgiato con professionalità, per poi accompagnare le rime, sulle note del bolero, verso la fine … albe – scialbe, dove il poeta si diverte … le licenze poetiche sono la mia passione

Lo stile cabarettistico dello spettacolo è stato di effetto. Elegante e pulito ha riempito lo spazio Yap impreziosendolo.

Il burlesque, il rap e il richiamo anni ’30, elementi riconoscibili, come le musiche con le loro varianti, hanno abbracciato sonorità jazz e da cabaret.

Il pianoforte trascina, grazie a Andrea Bianchi (piano e arrangiamenti), sembra quasi un levigare e un saltellare. Come uno scalpello minuzioso, tra fisarmonica e canto, invita all’impeto.

Gli originali ospiti hanno fatto vivere agli astanti attimi emozionanti.

Il burlesque de LaDyvina e le sue movenze, sono stati sinonimi di sensualità. I ragazzi, allievi della Scuola di teatro Fondamenta di Giancarlo Sammartano, seduti intorno ai tavolini neri, stile bar retrò, vestiti in nero, si sono mossi all’interno delle scene a cura di Fabiana Di Marco.

I costumi sono stati ideati da Gianmaria Sposito.

L’introduzione al rap è il momento colorato. Luci rosse e blu, la canzone eseguita dalla rapper Loop Loona, con una tuta a righe di vari colori, è elaborazione dell’epoca moderna.

Canti e ombre si trasformano. Voci e movimenti, ancora, ipnotizzano il pubblico nel suggestivo spazio all’aperto.  Un faro, infatti, segue gli artisti proiettando le ombre sul muro, un’eccelsa visione che ha reso la dimensione quasi surreale. Si cercano definizioni, tra anima e amore, definendo un ascolto sembra di sentirsi sospesi in un tempo non nostro, non definito.

Cosimo Cinieri e Pasquale Panella un duo particolare. Due voci distinte che si sono alternate scandendo il tempo. Canzone. Gianni De Feo ha portato gli astanti indietro agli anni ’30 con le sue performances canore.

Ringraziamenti ai tecnici tutti, alle istituzioni, alla Presidente Giovanna Melandri, alle 250 persone, tra poeti, artisti, attori e maestranze, tra le quali ricordiamo Daniele Lanci per le foto di scena, per le riprese Scenario Studios, il pittore Giancarlino Benedetti Corcos e il direttore di scena Damiano Palazzo.

Dopo un successo gradito al pubblico e dovuto ad una preparazione meticolosa, mi chiedo se l’anno prossimo ci sarà l’opportunità di replicare questo impegno, magari con nuove formule, affinché eventi di questo genere possano sempre prendere vita e avvicinare la gente alla poesia, vivere, in questo modo, di differenti sperimentazioni ricavandone contaminazioni dalle varie arti.

 

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