Mercoledì al Trieste Film Festival è stata anche la giornata dedicata al cinema curdo.

Made in Kurdistan si è chiamata la sezione che ha puntato un riflettore importante sui cineasti della zona e su un territorio che vive sul filo del rasoio.

Tra i protagonisti del focus 4 registi: due presenti a Trieste per presentare i loro film (e che hanno partecipato anche al talk sul tema), rispettivamente Gürcan Keltek per “Meteors” e Reyan Tuvi per “No place for tears” e due presenti solo con il film.

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IL KURDISTAN, A FLAG WITHOUT A COUNTRY

Il Kurdistan è, – come da titolo del film proiettato successivamente all’incontro- una bandiera senza un paese.

Un insieme di territori a cavallo tra quattro paesi: Turchi, Siria, Iran e Iraq.

Proprio la Turchia è il maggior “nemico” del Kurdistan dove i partiti di minoranza non hanno fondamentalmente nessuno potere politico e dove i cosiddetti cittadini di serie B vengono perseguitati.

Proprio a questo riguardo prima di parlare prettamente di cinema il giornalista inviato in Iraq Giuseppe Acconcia ha portato la sua testimonianza di giornalista espulso dal paese turco a tempo indeterminato (come altri colleghi) soltanto perché voleva raccontare quello che stava succedendo nella città di Kobane.

IDENTITA’ POSSIBILE PER IL CINEMA CURDO

Il cinema curdo però ha una precisa identità, non tanto di denuncia ma di sguardo, il più possibile obiettivo, su quello che sono quei territori.

A cavallo tra realtà e finzione i registi ci portano in quel mondo cercando il maggiore coinvolgimento possibile senza però proporre giudizi.

Come ha precisato Giuseppe Gariazzo, critico cinematografico che ha moderato l’incontro esistono molte differenze stilistiche tra i vari cineasti e le loro espressioni artistiche.

I quattro film scelti per il focus hanno anche un identità filmica diversa tra di loro, i due primi film del pomeriggio sono molto lontani fra loro: il primo “Meteors” è un film che si può avvicinare all’avanguardia.

Se “A Flag without a country” si pone in equilibrio tra documentario e finzione, nella pellicola “Filles de fou” invece Stephane Breton ha un altro sguardo in quanto ci catapulta nella situazione,il campo dove i soldati e le soldatesse combattono senza darci riferimenti.

Giuseppe Gariazzo presenta “No Place For Tears” di Reyan Tuvi
Foto di Agi Zapart
REYAN TUVI E IL SUO NO PLACE FOR TEARS, “NO ALLA PORNOGRAFIA DELLA GUERRA”

Reyan Tuvi, già impegnata in precedenza con medio-lungometraggi sul tema dei migranti

Ci sono molte questioni sociali a cui prestare attenzione in Turchia. Come documentarista e regista io sento la responsabilità di mostrare queste situazioni

Riguardo all’ultimo film Gariazzo ha messo in evidenza l’apparente semplicità del film ma con uno sguardo sincero verso le persone e i luoghi che racconta

Non volevo mostrare la guerra, quella guerra che in tante occasioni anche dai giornali viene mostrato in modo quasi ‘pornografico’

Giuseppe Gariazzo e Gurcan Keltek
Foto di Agi Zapart
KELTEK E LE TRE MEMORIE IN METEORS

Come accennato Meteors di keltek contiene  tre memorie diverse: una memoria storica degli avvenimenti.

Ma non solo,anche quella riguardante la lingua curda che va preservata  e mantenuta e la memoria del cinema visto che il film contiene elementi del cinema muto ed elementi invece  di avanguardia.

 LA REAZIONE DELLA TURCHIA RIGUARDO AL CINEMA

Seppure in una situazione delicata come quella turca (Keltek si è  auto bannato dai circuiti ufficiali mentre la tuvi è  sempre stata rifiutata a ogni festival cone personalità  problematica )  il messaggio che mandano i due registi è  quello di continuare a mostrare la realtà, di continuare a produrre

La sfida di Keltek è non convenzionale,diversa: quella di non entrare in qualchecircuito ma di proiettare i suoi film,anche illegalmente, nelle università, scuole,biblioteche,…

La miglior forma di resistenza contro ogni oppressione è  l’arte

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