Maximilian Nisi: “Non sono un esecutore, mi piace sporcarmi le mani”

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A febbraio, Maximilian Nisi dovrà interpretare nell’arco di pochi giorni tre personaggi diversi, con un età scenica compresa tra i 29 e i 55 anni: tra questi, il rampante impiegato di una multinazionale, in Mister Green (spettacolo al terzo anno di repliche, al fianco di Massimo De Francovich); e un dandy sfaccendato nel pirandelliano Il piacere dell’onestà: “Non so neanche come regolarmi con i capelli e la barba!”

Originario di Faenza, ma torinese d’adozione, Maximilian Nisi ricorda con nostalgia una Torino “dormiente, ma molto, molto affascinante”, negli anni precedenti alla sua formazione di attore alla Scuola del Piccolo di Milano, sotto la direzione di Giorgio Strehler.

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“Già nel 1989, io desideravo fare questo mestiere ed ero un’anima dannata e tutti coloro con i quali io ho collaborato,
nel tempo sono diventati grandissimi professionisti”.

Oggi è un attore affermato, consapevole dei propri limiti, che si mette costantemente alla prova come interprete. Sul palcoscenico, il suo è stato decisamente “un autunno di fuoco”, proprio come il titolo dell’ultima pièce che ha interpretato accanto a Milena Vukotic. Lo spettacolo ha debuttato la scorsa estate a Borgio Verezzi (Savona) e, dopo alcune tappe promozionali (Friuli Venezia Giulia, Lazio, Piemonte), sta per tornare in scena a Roma, per poi essere ripreso nella stagione 2019/2020.

Come nasce il tuo ultimo impegno teatrale?

Un autunno di fuoco (The Velocity of Autumn), dell’autore scozzese Eric Coble, è stato un grande successo di Broadway nel 2013. Stavo cercando un testo che potesse piacere molto a Milena Vukotic, perché avevamo il desiderio di lavorare insieme, e quando l’ho letto ho pensato di avere trovato quello giusto.

L’ho fatto tradurre da Marco Casazza e, quando Milena lo ha letto, se ne è innamorata e, in seguito, abbiamo trovato la produzione (La Contrada di Trieste) e il regista, Marcello Cotugno. Quello che stiamo proponendo in Italia è un prodotto molto diverso. Io non ho visto lo spettacolo originale, si è trattato per tutti di un viaggio conoscitivo: siamo partiti dal testo per capire cosa fosse più utile raccontare al pubblico italiano.

Quali sono le differenze tra la versione italiana e lo spettacolo originale?

Abbiamo dovuto eliminare tutti i riferimenti legati alla cultura americana, perché sarebbero stati di difficile comprensione per l’Italia. Sono stati tolti tutti quegli elementi che avrebbero distratto l’attenzione del pubblico dal racconto principale, che si svolge nell’arco di un’ora: una storia nella quale è molto semplice riconoscersi, ovvero l’incontro/scontro tra una madre (Alexandra) e il più giovane dei suoi tre figli (Chris), un quarantenne disilluso.

“Il piacere dell’onestà” è una ripresa ed è la seconda regia di prosa firmata da Liliana Cavani, dopo “Filumena Marturano”. Come sei stato coinvolto nel progetto?

Ho fatto un provino, mi hanno ritenuto adatto per il ruolo e sono stato scritturato per interpretare il personaggio di Maurizio Setti, un nobile maturo e un po’ sfaccendato, che crea scompiglio nelle vite degli altri protagonisti. Ma, grazie a questo ruolo, ho l’opportunità di recitare il bellissimo monologo delle lucciole di Cartesio, attraverso il quale si ritiene che Pirandello esprima la sua posizione nei confronti della realtà e del suo intrinseco fascino nel momento in cui essa si confonde con il sogno. Un riferimento filosofico che non è per niente semplice da restituire al pubblico contemporaneo”.

Cosa ti aspetta durante l’estate?

In estate sono molto irrequieto, nel senso che amo foraggiare la mia parte creativa. Leggo testi, cerco nuovi collaboratori, persone con le quali poter proseguire questo sogno intrapreso anni fa, però in una maniera sana e costruttiva. Io non riesco ad essere uno “scritturato”, all’interno di una compagnia ho bisogno comunque di sentirmi parte integrante di un meccanismo. Non mi piace essere un esecutore di suggerimenti, voglio essere un creativo e mi piace sporcarmi le mani.

In che senso?

Creativo su di me, in generale e a beneficio della compagnia. Sono tanti gli attori che si limitano a studiare a memoria una parte e non hanno velleità di altro genere. A me, invece, piace seguire in toto la creazione di un progetto artistico. Non posso farci niente, è sempre stato così, si tratta semplicemente di una curiosità “atavica”, che mi divora completamente.

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