Martedì 12 novembre Pojana e i suoi fratelli, di cui veste i panni l’attore, regista e drammaturgo Andrea Pennacchi hanno espugnato La Contrada – Teatro Stabile di Trieste.

A ridosso della fine di questo 2023, senza tema di smentita, anche guardando al lungo applauso del pubblico di un Bobbio vicino al sold out, una delle serate più divertenti dell’anno.

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Anche grazie alla partecipazione e valore aggiunto delle musiche dal vivo, il turbo folk padano, dei sorprendenti Giorgio Gobbo e Gianluca Segato, parte integrante e fondamentale dello spettacolo.

Tutte le storie degne di essere raccontate nascono da un trauma, ci tiene a informare il pubblico all’inizio Pennacchi.

Come trauma è il ritrovamento nel Padovano di un tanko in un primo momento, e di un secondo tanko poi, appartenuti agli indipendentisti veneti protagonisti dell’occupazione del campanile di San Marco a Venezia nel 1997.

Da qui nasce in Pennacchi, e nel musicista Giorgio Gobbo, di raccontare i veneti al resto d’Italia. Attraverso la figura di Franco Ford, detto Il Pojana.

Una voglia che rimane senza occasione di espressione finchè viene intercettata, grazie a un video divenuto virale, dalla squadra del programma di La7 Propaganda Live, di cui il Pojana diviene ospite fisso.

E, a sentire l’accoglienza di ieri ricevuta dal pubblico, uno degli ospiti più amati.

è un attore ma si vede che ci crede

L’impresa di Franco Ford

Avrei potuto usare il termine conquistare ma espugnare, termine del gergo militare, ben si addice e molto lo gradirebbe Franco Ford, detto anche “Il Pojana”.

A livello superficiale tantissime le differenze tra i giuliani o friulani, i cari amici del confine, – come li apostrofa in apertura di spettacolo Pennacchi-, e i veneti. Ma nel profondo tutti un po’ del Pojanistan. Quella landa, che una volta era palude, che è il Veneto.

Territorio caratteristico da cui, grazie a dei laboratori teatrali, emergono alcune figure peculiari: Edo il security, Tonon il derattizzatore, Alvise il nero.

Si ride, molto, con queste maschere goldoniane al limite del grottesco. Una risata dolceamara perchè ridendo ci si guarda allo specchio, tutte e tutti, riconoscendo quei tratti reali, esistenti nella nostra società contemporanea. Quei tratti solo leggermente amplificati nei personaggi ma che ritroviamo magari anche in chi ci sta intorno. Quel razzismo, latente oppure più evidente, l’ottusità, l’intelligenza e la sprovvedutezza.

E, tra verità e falsità mescolate con ironia e sano cinismo, mette gli spettatori e le spettatrici anche di fronte alla paura. O meglio alle paure, dentro alle quali non si può vivere e, come diceva il saggio nonno di Pennacchi:

Paura e schei mai gavui

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