Profuganze è il titolo della nuova coproduzione Studio Giallo, Università Popolare di Trieste, CSS- Teatro Stabile di Innovazione del FVG e il Teatro Stabile Sloveno, dove ha debuttato il 30 marzo, con replica ieri 31.
Profuganze è uno spettacolo- o meglio sarebbe dire recital– creato a quattro mani da Maurizio Soldà e Pino Roveredo che prende spunto dal fenomeno migratorio per tracciare una storia che non si limita a quella ‘società liquida’- che Soldà cita nel corso dello spettacolo- e i suoi movimenti, ma che va a fondo nei sentimenti e nelle emozioni di chi quelle migrazioni le vive o le ha vissute.
PROFUGANZE: PROFUGHI E TRANSUMANZA
Profuganze è un titolo strano per uno spettacolo ma nasce da un neologismo creato da Carlo Sgorlon coniugando le parole “profugo e transumanza” per definire quel fenomeno che affonda le radici nel dover migrare e allontanarsi dalla propria terra per cercare una vita migliore ma che assume i connotati delle bestie che migrano.
Profughi, come dicono Soldà e Roveredo, sono stati in primis Adamo ed Eva, scacciati dal proprio territorio a causa del peccato originale.
Essi non sono che i primi di un grandissimo numero di persone che col ritornello ‘sciò sciò’ si sono dovuti allontanare dai loro territori e dalle loro nazioni perché non graditi ai governi di turno o per altre motivazioni.
Se Soldà traccia la parte più storica con l’ironia di un pensionato dedito al ciclismo, la parte più emozionale è invece destinata a Pino Roveredo, in un ruolo a lui nuovo quello di attore che legge
Cosa siamo, dove andiamo, cosa facciamo, e come pensiamo, viviamo, respiriamo, ma soprattutto, cosa contiamo? Esistiamo, non esistiamo? Dove finiremo? Dove moriremo? Ma un giorno può essere che torneremo? Bottino di guerra, merce di scambio, figli inconsapevoli e incolpevoli della sconfitta? Siamo vergogna, siamo disturbo, siamo bestemmia, o siamo il fastidio della polvere da nascondere sotto il tappeto?
[…] Profughi, come se fosse una colpa da pagare, una vergogna da scontare, una cattiva educazione da sopportare!
A Roveredo spetta anche una riflessione ancora più importante: “La bellezza salverà il mondo” diceva Dostoevskij e invece no, non è quello che salverà il mondo.
Ciò che salverà il mondo è l’educazione, un’educazione alla solidarietà, al guardare al vicino anche solo per cinque minuti con occhi diversi.
Ad accompagnare Soldà e Roveredo, Mariano Bulligan. Una mescolanza di radici anche per lui che passa dai classici all’improvvisazione contemporanea passando dal violoncello classico a quello elettrico.
Uno spettacolo in cui ognuno degli spettatori può cogliere qualcosa di diverso e tornare a casa arricchito da ciò che gli è più utile, che necessita di qualche replica per rodare e diventare più scorrevole
“Siamo tutti profughi, o potremmo sempre esserlo, perché il mondo gira in fretta, e si porta dietro i destini umani.”