Rincorrere la certezza di essere chi si è. Si richiede di essere conosciuti e riconosciuti come persona. E il personaggio che si interpreta? Vita, le sue metafore. Il cinema, il canto, il ballo. La felicità, l’amore. Tappe anelate che la sofferenza ha strappato con veemenza.

Come quel filo che mai si interrompe sui passi di una regia pulita, senza fronzoli, senza caricatura alcuna, la continua ricerca di sé stessi, all’infinito, sempre lì e presente, Roberto Galano ci offre il suo punto di vista da regista. Questa volta assistito da Francesca De Sandoli. Un altro esempio di ricercatezza, minuzie e profondità che mettono in rilievo la vita di personaggi contemporanei. Dopo Bukowski, a night with Hank, è tornato a Roma con una piccola rassegna. Al Doppio Teatro, dal 19 al 22 febbraio, To be or not to be Chaplin, piccola rivelazione, è stato l’inizio. Testo di D. Francesco Nikzad è una produzione Teatro dei Limoni di Foggia.

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Buio. La scenografia è composta di pochi elementi, grazie alla scelta di Nicola delli Carri. Un tavolo tondo ruotante. Un cartello. Una corda. Suoni. Battiti. Buio e luce. I giochi di luce mettono in evidenza chiaro scuri che risaltano muscoli, un corpo, creando un’atmosfera pittorica caravaggesca.

Tutto elegante. Recitazione, passi di danza, emozioni, vita. Giuseppe Rascio si incarna in Chaplin. Chi è Chaplin, chi è Charlot? Una ricerca persistente della propria personalità raccontata nelle didascalie di vita lavorativa e personale, tra il presente e il passato. Il mimo. Il muto. Dove tutto si immagina. Non essere, un essere. Si ripete. Domande. L’amore. La felicità. Essa può durare in eterno o si può non vederla mai. E’ interna, dentro il nostro sangue.

Talmente la paura di viverla che è come se le cose vicine sparissero rendendosi invisibili.

Momenti poetici si alternano al sapore melanconico, danzano. Non ci si chiede del tempo che passa, si pensa alle metafore legate alla vita. Lungo il fiume si tirano sassi, l’acqua porta la vita, la si guarda così. L’artista nasce artista grazie ad un conflitto con uno dei genitori. Questa suggestione è forte. Impronta impressa sulla mente. Fa riflettere. La notorietà è ricchezza. Ci si abitua ai soldi, ma acquistare non necessita di sentimenti. La notorietà. Per essere arrivati dove? Decodificando il forte bisogno di sé stessi che, visto in un teatro piccolo, l’ho sentito costretto, la fermezza che To be or not to be Chaplin avrebbe avuto necessità di esplodere e fluire nel modo consono, l’ho percepita molto forte. Respirare su un palco più grande. Le musiche (Mario Rucci) ben si assemblano all’insieme. Come il tango a luci rosse che ricorda la pausa dell’amore, in cui l’unica voce si sdoppia anche al femminile.  Distinguibili, dunque, le tappe principali dell’attore. L’essere rifiutato dagli americani, l’abbandono dei genitori, la sua timidezza come autodifesa, l’alcool per dimenticare quel troppo dolore, la vita apparente, il suo essere attore e nascere con il cinema muto. Quel vivere il personaggio che per il pubblico era riconoscibile.  Fin quando ci si specchia con quel pupazzo sulla sedia a rotelle. Opera di Francesco Petrone, un calco in gesso riproduce Chaplin da vecchio. Giuseppe Rascio ci parla. Questo confronto, emblematico, è come chiedersi: “Come ti sei ridotto?”. Passato e presente interagiscono.

Nulla è come appare.

Chi si è? Come ci vogliono? Personaggio o persona? Un enigma  persistente, ESSERE.

Se stessi, solo se stessi, dentro un mondo che cambia, che ti rifiuta. Tu non ami, ma odi per il male che hanno fatto, che fanno e che subisci.

Questo è ciò che Charles Spencer Chaplin ha vissuto. Una vita affettiva non generosa, ma attenta a farlo diventare attore, quell’attore acclamato che ha sempre interpretato il ruolo dell’emarginato per far intendere l’alienazione umana ai tempi del progresso economico e industriale. Sentimento che sembra appartenerci ancora oggi. Per la prima volta non trovo pensiero che possa supportare una chiusa degna di questo spettacolo, così superbo e meritevole di esser visto in spazi più ampi come merita. Perché la sua voce va urlata e respirata. To be or not to be Chaplin.

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