Undici i titoli del Concorso lungometraggi (in giuria le critiche cinematografiche Dubravka Lakić ed Emanuela Martini, e il programmatore e selezionatore Edvinas Pukšta) previsti per l’ edizione numero 33 del Trieste Film festival che si terrà a con una formula “ibrida”: dal 21 a 27 gennaio a Trieste al Rossetti, al Cinema Ambasciatori e e al Teatro Miela, e dal 26 al 30 gennaio sulla piattaforma Mymovies.

Nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino, il Trieste Film Festival è il più importante appuntamento italiano con il cinema dell’Europa centro orientale: da trent’anni un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori spesso poco noti – se non addirittura sconosciuti – al pubblico italiano, e più in generale a quello “occidentale”. 

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LE DONNE TRA PATRIARCATO, AMICIZIE, STORIA E POLITICA

Il file rouge della sezione lungometraggi del Trieste Film Festival è sicuramente l’universo femminile in tutte le sue infinite sfaccettature.

Il film croato Murina di Antoneta Alamat Kusijanović (produttore esecutivo Martin Scorsese, vincitore della Caméra d’or come migliore opera prima all’ultimo Festival di Cannes) legge nella tensione tra una figlia adolescente e un padre ossessivo, destinata ad aumentare con l’arrivo in casa di un amico paterno, le derive scioviniste (camuffate da “tratti culturali”) di un intero Paese.

Un’altra storia di famiglia, stavolta più corale e tutta al femminile, presta alle bulgare Mina Mileva e Vesela Kazakova (e alla protagonista  Maria Bakalova, diventata una star internazionale con Borat 2) l’opportunità di raccontare, in Women Do Cry, una società costituzionalmente maschilista e patriarcale, scossa dalle proteste nazionaliste contro la parità di genere.

Tra favola ed epica, realismo e metafora, si muovono due autori già apprezzati a Trieste: Stefan Arsenijević, che in As Far as I Can Walk adatta nella Belgrado di oggi, snodo della rotta migratoria dei Balcani, il poema medievale Strahinja Banović, facendo di un giovane del Ghana l’eroe nazionale serbo.

Il rumeno Radu Muntean, in Întregalde ,si serve di una struttura da fiaba (con tanto di viaggio iniziatico) per mettere in discussione, o meglio in crisi, le certezze sulla solidarietà e l’empatia di un gruppo di amici in partenza per una missione umanitaria di fine anno.

Bebia. À mon seul désir di Juja Dobrachkous, racconta il ritorno a casa di una giovane modella costretta a confrontarsi con il ruolo complesso e talvolta crudele che la nonna appena scomparsa ha avuto nella sua infanzia.

Dalla Serbia arrivano Celts di Milica Tomović, che nella Belgrado del ’93 fa specchiare l’insoddisfazione privata di Marijana con la dissoluzione pubblica della Yugoslavia, e Darkling di Dušan Milić, che con i codici del genere (e gli archetipi di certe paure ancestrali) riflette sull’eredità e i traumi psicologici della guerra in Kosovo.

A proposito di Kosovo, due racconti al femminile firmati da Luàna Bajrami (The Hill Where Lionesses Roar, presentato alla Quinzaine di Cannes, storia di sogni, ambizioni e speranze di un gruppo di giovani amiche) e Norika Sefa (Looking for Venera, premiato a Rotterdam, vita complicata di due adolescenti che sognano di sfuggire dal rigore della loro società patriarcale).

Il bullismo (anche cyber) è al centro del delicato Sisterhood di Dina Duma, dalla Macedonia del nord, mentre la Slovenia è presente con Orkester di Matevž Luzar, che fotografa in b/n segreti e bugie di una banda di ottoni in trasferta in Austria.

Due gli eventi speciali fuori concorso: oltre al film di apertura Quel giorno tu sarai, anche il nuovo di un’altra grande firma del cinema ungherese, Ildikó Enyedi, che chiude le proiezioni “dal vivo” del festival con l’anteprima italiana di The Story of My Wife (prossimamente nelle sale con Altre storie). Un kolossal dei sentimenti presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes, interpretato da un cast stellare guidato da Léa Seydoux, Gijs Naber, Louis Garrel, insieme ai “nostri” Sergio Rubini e Jasmine Trinca.

Altre sei le proposte fuori concorso: lo slovacco 107 Mothers di Peter Kerekes, tutto chiuso in un carcere femminile; Not So Friendly Neighbourhood del premio Oscar Danis Tanović, commedia romantica al sapore di kebab girata a Sarajevo durante la pandemia; Fabian – Going to the Dogs di Dominik Graf, dal romanzo di Erich Kästner, ritratto della Berlino dei primi anni ’30; Piccolo corpo di Laura Samani, tra gli esordi più sorprendenti e apprezzati (anche alla Semaine de la Critique di Cannes) del cinema italiano recente; Vera Dreams of the Sea di Kaltrina Krasniqi, la vita di una  donna matura sconvolta dal suicidio del marito; e Leave No Traces di Jan P. Matuszyński, ricostruzione del caso di Grzegorz Przemyk, uno studente liceale picchiato a morte dalla polizia nella Polonia del 1983.

TFF: NON SOLO CINEMA

Ma il Trieste Film Festival non è solo cinema. Eventi, workshop, mostre, passeggiate cinematografiche, presentazioni di libri e incontri con gli autori animeranno Trieste tra il 21 e il 30 gennaio. Visita il sito www.triestefilmfestival.it per saperne di più.

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