“Ci insegnano fin da piccole – a noi donne – ad essere feticiste: feticiste con le pentole, con le lenzuola, con la casa..”: a proposito dell’amore, a proposito della donna, a parlarne è una delle più grandi poetesse del Novecento, nella piece teatrale “Indagine su Alda Merini. Non fu mai una donna addomesticabile”, andata in scena il 20 febbraio al teatro Marconi.

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La piece prende vita dall’omonimo libro scritto da Margherita Caravello: l’autrice si alterna sulla scena a Giorgia Trasselli, un ritratto di femminilità verace, tagliente e profondamente umano della poetessa dei Navigli.

Perché Alda accosta la donna al feticismo?

Nel suo rapporto con l’amore Alda riconosce l’ardore che la donna dedica spesso instancabilmente al suo oggetto di forti passioni, un modo d’amare mai rinnegato dalla grande poetessa, totale e generoso, eppure, in parte, simulacro di quei rituali di dedizione domestici, inculcati alle brave donne del suo tempo.

La rappresentazione teatrale di Antonio Nobili ci restituisce una donna la cui profondità viscerale dell’animo è legata ad un indomito spirito di ribellione alle norme della borghesia milanese.

Alda Merini non fu mai, appunto, una donna addomesticabile e non esserlo è il viaggio che ogni donna deve intraprendere se vuole esplorare se stessa senza perdersi, senza accasciarsi su altari di una femminilità consumista o ottusa.

Nelle parole scelte con cura traslucida della Merini di Caravello, si delinea una donna impossibile da afferrare. La caparbietà fa subito spazio alla tenerezza per il mondo che Alda ama, nella sua disappartenenza, dai vetri del bar Chimera, luogo di fervida scrittura, volti, persone, incontri, intellettuali apolidi e integrati.

La donna dalle passioni generose dispensa amore e saette per una società ingabbiata da un’idea isterica di intellettuale da buon salotto, che costringerà a specchiarsi nelle sue stesse retrive sbarre, quando ben altri salotti, ammantati di rispettabilità mediatica, la inviteranno a sedersi dalla porta principale.

Anche al Maurizio Costanzo Show, di cui alcuni frammenti video delle sue interviste sono inseriti nella piece, Alda sarà devota e graffiante allo stesso tempo, nella sua fierezza di donna che non vuole etichette, cappelli, appartenenze, le cui parole di amore disarmante, coraggioso e poderoso fungono da catarsi del nostro comune sentire incerto, spesso fragile e incompiuto.

Lei, Alda ha invece ricomposto quella incompiutezza attraverso il dolore feroce dell’esclusione, vissuto in 10 anni di manicomio, dove la società dimenticava distratta chi non si “conformava”, trapassandolo con l’ingenuo magnetismo della sua poesia, che ci è rimasta attaccata al cuore.

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