Approda al Teatro Quirino di Roma un classico del giallo, i Dieci piccoli indiani di Agatha Christie nella suggestiva traduzione di Edoardo Erba.

 

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C’era un tempo in cui il Teatro Stabile del giallo, sulla via Cassia, proponeva sistematicamente tutto il repertorio della Christie e di altri noti autori di gialli (adattamenti o opere originali per il teatro).

Dieci piccoli indianiOggi quel luogo non esiste più e così capita, in maniera più o meno fortunata, di trovare altri teatri che inseriscano nella loro programmazione uno spettacolo di questo genere, spesso con esiti alterni.

La produzione che arriva al Teatro Quirino nasce nel 2016 al Festival teatrale Borgio Verezzi e recupera, grazie al progetto artistico di Gianluca Ramazzotti e Ricard Reguant, il finale tragico del romanzo originale del 1939, al contrario di certi adattamenti voluti dalla stessa autrice per la scena e gli schermi dove si era preferito l’happy end.

Il regista, sempre Reguant, fissa il periodo dell’ambientazione negli anni ’40, ma più per lo stile delle scene elegantissime di Alessandro Chiti o dei costumi essenziali di Adele Bargilli.

Dieci piccoli indiani, infatti, non necessita di un periodo storico definito e potrebbe essere ambientata in altre epoche, se si escludono alcuni piccoli riferimenti alle procedure penali inglesi. È piuttosto l’equilibrio di rapporti fra gli invitati sull’isola che, suggerendo un alone di modernariato, genera i conflitti (o forse li libera, chissà…) e ne porta alla luce le verità nascoste attraverso un filo di sottile ironia, questa sì molto british, a partire dalla macabra filastrocca che mette alla prova tutti i traduttori.

Lentamente e inesorabilmente il piano di uno sconosciuto vendicatore elimina gli ospiti uno ad uno, colpevoli di essersi macchiati di atroci delitti in maniera più o meno consapevole, sottoponendoli alle morti più disparate sotto gli occhi increduli e sfiniti degli altri.

Poco efficace, anche perché poco caratterizzata, è la coppia degli inservienti Rogers, marito e moglie (Tommaso Minniti e Giulia Morgani), che sembrano non sapere nulla della gestione di una villa tanto prestigiosa, nulla degli ospiti, ed essere inoltre privi del necessario distacco che ci si aspetta da un domestico, ma senza quel pizzico di simpatica comicità che la tradizione drammatica britannica affida alla servitù.

Vera Claytorn è interpretata da Caterina Misasi a fasi alterne, senza una continuità psicologica che dia sostanza alle sue scelte e alle sue reazioni. Più interessante il capitano Lombard di Pietro Bontempo, il cui atteggiamento schietto e la duplicità morale sono resi assai bene.

Non stupisce che Agatha Christie abbia ideato un personaggio così, incarnato al cinema in quegli anni da Clarke Gable in Via col vento. Leonardo Sbragia sa morire con veridicità, anche perché la sua morte coglie di sorpresa, mentre le altre mettono alla prova più la mente che il cuore dello spettatore, nel cercare di risolvere il dilemma che si nasconde dietro le strofe della filastrocca.Dieci piccoli indiani

A confermare il cast di livello dei Dieci piccoli indiani sono Mattia Sbragia, l’ex agente di polizia Blore, anch’esso in bilico costante tra ironiche freddure e spirito investigativo; l’Emily Brent di Ivana Monti, più lesbica che bigotta in certe intonazioni viscerali e serprentine della voce; e il giudice in pensione Wargrave che Luciano Virgilio, con una impressionante somiglianza a Ian McKellen, ha interpretato con classe e lucida follia. Il generale McKenzie di Alarico Salaroli e il Dott. Armstrong di Carlo Simoni non vanno oltre un onesto mestiere.

Resta tuttavia l’impressione di uno spettacolo d’altri tempi, in cui gli attori sanno stare sul palco, anche immobili, senza sembrare sacchi di sabbia caduti dalle corde dei contrappesi, in cui le battute sono comprensibili senza essere inutilmente enfatiche e la vicenda si svolge senza eccessivi scossoni. La classe e l’eleganza si scontano, forse, con la lunghezza eccessiva.

Ma si sa, alla zia Agatha si perdona questo e altro! Resta uno spettacolo da vedere: fino al 21 gennaio al Teatro Quirino.

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