10 artisti portano l’arte contemporanea all’Università degli Studi di Trieste, fino a dicembre 2023

Nell’edificio centrale dell’Università degli Studi di Trieste, sono state svelate le dieci opere dei giovani artisti protagonisti del progetto “Shine bright like a diamond – residenze d’artista”, organizzato dall’Università degli Studi di Trieste in occasione del suo centenario.

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Arte contemporanea all’Università

Le residenze vogliono valorizzare l’identità dell’istituzione triestina attraverso lo sguardo dell’artista contemporaneo, chiamato a mettersi in relazione con le diverse discipline universitarie, per trasmettere una propria visione. Ogni artista, la cui selezione è spettata alla curatrice Eva Comuzzi, è stato prima assegnato ad uno dei dieci dipartimenti universitari e successivamente invitato a esplorare e reinterpretare la conoscenza espressa dalle varie discipline attraverso la sua arte. Un progetto – “esperimento” che ha visto gli artisti sperimentare a loro volta, entrare direttamente in contatto con studenti e professori, fare ricerca attiva e produrre in circa dieci giorni un’opera d’arte.

#SBLAD – Shine bright like a diamond

L’evento riprende la storica Esposizione Nazionale della Pittura Italiana Contemporanea allestita nel 1953 presso l’Aula Magna dell’Ateneo e vuole fotografare l’attuale panorama artistico emergente, guardando al futuro e accogliendo nuove opere d’arte che andranno ad ampliare il suo patrimonio artistico. Il titolo scelto trae ispirazione dal catalogo Ricorda e splendi realizzato in seguito dell’esposizione del 1953 e richiama l’iscrizione Splendi e ricorda i caduti sul mare del Faro della Vittoria di Trieste, simboleggiando un augurioe un monito eterno. 

Gli artisti

Gli artisti selezionati, che hanno sviluppato le loro idee nel corso delle residenze, operano nei più disparati ambiti artistici: performance, installazioni, video, fotografia, suono ma anche pittura, scultura e cucito. Le loro opere, a termine del periodo di residenza, sono esposte sui diversi livelli degli scaloni laterali dell’edificio centrale dell’Ateneo fino al 31 dicembre 2023. La curatrice Eva Comuzzi sottolinea come questo luogo ricordi gli interni del Guggenheim di New York: un Ateneo che si trasforma, momentaneamente, in contenitore museale.

La performance di Ruben Montini

Durante il periodo di residenza presso il Dipartimento di Studi Umanistici, l’artista Ruben Montini ha riflettuto sulle dinamiche socio-politiche della nostra società, in un contesto di confine come quello di Trieste: è chiaro il messaggio che vuole inviare nella sua performance, legata al concetto e senso di cittadinanza, di appartenenza ad un Paese dove poter godere delle sue tutele a prescindere dall’appartenenza religiosa, orientamento o identità sessuale. 

Un drappo, realizzato cucendo indumenti usati degli studenti, stoffe africane e arabe assieme a stralci della bandiera italiana, durante la sua performance fa bella mostra sé sullo scalone esterno dell’edificio centrale. L’artista recita un testo prendendo come riferimento le famose parole “Io sono Giorgia, sono una donna, sono madre, sono italiana, sono cristiana. Non me lo toglierete! Non me lo toglierete!” del premier Giorgia Meloni. Gli studenti sono stati parte attiva del suo progetto in quanto gli è stato richiesto di fornire la propria declinazione dello slogan della Meloni in forma anonima che l’artista ha riletto durante la performance. Sicuramente, l’esibizione dell’artista sardo è l’opera con il messaggio più forte, tra tutte quelle presentate all’evento.

La collaborazione attiva con i ricercatori

L’opera di Giulia Iacolutti – artista in residenza presso il Dipartimento di Scienze della Vita – esplora il tema del latte umano, l’oro liquido dell’alimentazione per i neonati. Assieme ai ricercatori del dipartimento, nei loro laboratori, ha studiato la composizione del suo latte materno e gli effetti emotivi derivanti dal prolungato periodo di allattamento. Alla fotografia del suo latte visto al microscopio e stampato su una lamina d’oro, viene accompagnato il tracciato oculare che ripercorre in forma grafica i micro spostamenti della sua pupilla registrati durante il ricordo del primo attaccamento al seno della figlia. Un esperimento che, forse, verrà ripetuto per ulteriori studi di ricerca.

Video installazioni, sculture, intelligenza artificiale, luci e suoni

Michele Seffino – abbinato al Dipartimento di Ingegneria e Architettura – ha sviluppato un’installazione sonora site-specific che riflette sulla natura dello spazio che la ospita: l’opera, infatti, si alimenta dell’energia acustica prodotta dalle persone che quotidianamente frequentano lo spazio, grazie ad un microfono, e l’energia che immagazzina viene restituita sotto forma di micro-eventi sonori generati da un algoritmo adattivo.

Un’istallazione altamente tecnologica che accompagnerà chi bazzicherà negli spazi dell’Università. Un’altra installazione ingegnosa è quella di Alba Zari che esplora la relazione simbiotica tra mente e macchina: realtà, percezione della schizofrenia e intelligenza artificiale si confrontano nel rapporto tra digitale e reale. Nella sua opera si percepisce quanto i confini della schizofrenia e dell’IA siano fumosi e come entrambi, a causa delle interruzioni nelle reti neurali per la prima e dell’imprevedibilità causata dalla seconda, trovano espressione visiva.

Umberto Chiodi riflette sulla luce mistica e “guaritrice” attribuita alle vetrate delle cattedrali medievali retro illuminando, come succede per le lastre a raggi x, un’immagine concepita in luogo di passaggio, dove era necessario isolarsi mentalmente per trovare concentrazione.

L’opera di Ryts Monet (in collaborazione con Anna Martinatti) è ispirata alle teorie dell’economista e anarchico tedesco Silvio Gesell, colui che ha descritto il funzionamento della moneta “deperibile” e introdusse una valuta di ghiaccio: un’opera che vuole ispirare i futuri economisti a ispirarsi e a riflettere su modelli economici alternativi e visionari.

Michele Spanghero, ispirato dalle ricerche dei diversi settori del dipartimento di Fisica, ha usato la carta vetrata come elemento pittorico, superficie monocroma evocativa della materia oscura, argomento trasversale per tutti i ricercatori. Ha successivamente applicato della grafite pura mista a pigmento che fa vibrare con un autoparlante che riproduce il suono di onde gravitazionali e quindi delle macchie dense e più scure quasi impercettibili. Una vera rappresentazione imprevedibile di un fenomeno fisico.

Nicola Martini, invece, porta delle sue sculture coperte da schiuma poliuretanica che, in molti anni e a causa dell’esposizione prolungata ai raggi ultravioletti, tenderanno a polverizzarsi e a svelare cosa contengono.

Aryan Ozmaei ha invece sviluppato un dipinto nel quale si scorgono presenze ibride, composte da parti di statue reali di periodi storici diversi e varia provenienza per evidenziare l’assenza di confini economici e politici e la contaminazione culturale che viviamo ogni giorno.

Nell’opera del duo Antonio Della Marina e Alessandra Zucchi gli elementi si ricostruiscono a seconda del punto di osservazione e lo spettatore deve sforzarsi a percepire l’opera a causa di un effetto ottico che fa da interferenza sulla percezione della profondità e del suono. Gli artisti hanno inserito elementi foto luminescenti e hanno usato vernice ad alto assorbimento di luce come dedica al padre della fotochimica, Giacomo Ciamician nato proprio a Trieste.

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