Non capisci la potenza e la portata di ciò che sta succedendo in un Paese finchè non senti le voci di chi lo sta vivendo.

Ecco ciò che è emerso chiaro dal dialogo di Marina Fabbri, critica cinematografica ed esperta della Polonia, con alcune delle registe polacche ospiti di Wild Roses, focus sulla Polonia che inaugura una nuova sezione del Festival che accende i riflettori sulle registe dell’Europa centrale ed orientale.

Un dialogo su cinema, storia, politica e attualità di uno dei Paesi più controversi d’Europa con: Anna Jadowska, Anna Zanecka, Hanna Polak e Jagoda Szelc.

E’ impossibile oggi separare arte e politica in Polonia.

Non si può parlare di Polonia senza partire dall’inizio, ovvero dalla situazione politica attuale del Paese.

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Dall’incertezza e dall’instabilità dovute alle manifestazioni e alla presenza di un governo che mina le libertà e i diritti fondamentali delle cittadine e dei cittadini.

Parlare della loro visione del cinema implica interrogarsi su cosa significa fare cinema, ora e in questo contesto politico.

Come ribadito da quasi tutte le ospiti, si tratta di un momento profondamente dinamico e di grosse tensione, nonostante si stia pensando che il cambiamento stia arrivando non è facile elaborare, come individui e artiste, ciò che accade nella vita quotidiana.

Si denota un’estrema difficioltà nel fare cinema, soprattutto perchè si vive la costante etichettatura, definizione ed evidenziazione di ciò che è creato da donne.

ci sono molti dubbi sulle donne che fanno cinema, la cultura non è gentile con le donne.

Sono sempre nella posizione di dover dimostrare qualcosa

We’re not equal

Anche se la situazione è molto diversa rispetto alle colleghe polacche della cosiddetta generazione precedente, che hanno fatto e fanno cinema, l’eguaglianza rispetto ai colleghi è ancora lontana dall’essere realtà.

Era strano per le donne fare cinema qualche decennio fa e anche se adesso si guarda alle donne registe ed esse vengono ascoltate, forse appena le loro figlie, in un futuro, avranno una vita un po’ più facile.

In quanto donne, in quanto registe bisognerebbe sentire la responsabilità di far sentire una voce che conta, in primis da individuo, e che dovrebbe tendere all’unione piuttosto che alla divisone, soprattutto in un periodo vissuto come una cosiddetta guerra fredda.

L’attività documentaristica in Polonia

E’ evidente il legame tra attività documentaristica e produzione cinematografica polacca: questa connessione con la realtà si può ricollegare ad almeno tre elementi: il rappresentare la propria visione di essa nei film (spesso è la più forte fonte di ispirazione), la sensazione che le vite di tutti siano strettamente connesse l’una con l’altra (soprattutto in Polonia) e il piacere di osservare.

Il documentario è inoltre sempre la scelta e la soluzione filmica più difficile, sia perché non si ha completo controllo sulla situazione, ma anche per le reazioni delle persone coinvolte, che possono anche cambiare idea e non volerne fare più parte.

C’è anche da dire, nonostante i generi stiano cambiando (anche a seconda della critica e del medium attraverso cui vengono condivisi) che dietro tutti i progetti, anche di fiction, c’è sempre qualcosa di reale.

I Film non possono cambiare la realtà ma se allargano lo sguardo o se aprono il dibattito è già tanto

per questo non importa se sia fatto da un uomo o da una donna

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